Un soggetto inconsueto: l’orecchio nell’arte

Dopo tanto tempo riprendo l’esplorazione del corpo umano nell’arte. Abbiamo già visto gli occhi, le mani e i piedi. Stavolta tocca a una parte meno evidente, quasi marginale. L’orecchio.
Eppure è un soggetto complesso e affascinante. Un paesaggio in miniatura che ha la funzione di convogliare nell’orecchio interno le onde sonore.
La sua nomenclatura è un trattato di anatomia.

nomenclatura dell'orecchio

La sua forma è un bell’esercizio di disegno.

studio di orecchio

Ma anche il suo nome riserva un bel po’ di curiosità. Si dice orecchia oppure orecchio? E il plurale è orecchie o orecchi? Stando alla Treccani si possono usare tutt’e quattro le forme, ma in situazioni differenti.

Pare inoltre che le orecchie siano tutte diverse. Ogni individuo ha le sue. Personali come le impronte digitali o la colorazione dell’iride.

foto di orecchie

Strane le orecchie, vero? Non siamo abituati a osservarle e pochi saprebbero riconoscere le proprie. Somigliano a una bella conchiglia iridescente che dalle mie parti è chiamata occhio di bue ma in italiano, guarda caso, è detta orecchia di mare (o di Venere).

orecchia di mare

Ma torniamo all’orecchio umano. Naturalmente nell’arte antica non si trova mai come soggetto artistico a se stante. Però compare fin dall’epoca egizia, specialmente durante la XVIII dinastia (1550-1295 a.C.), come amuleto e come “orecchio ascoltante”, cioè un incoraggiamento per gli dei ad ascoltare la richiesta dell’offerente.
Hanno proprio questa funzione le tante stele con orecchie risalenti al Nuovo Regno (ma ne venivano realizzate anche piccole sculture in faience).
E per gli dei un po’ sordi alle preghiere ce n’è una con 44 orecchie!

orecchie egizie

I Greci invece non avevano queste usanze e le orecchie le facevano solo nelle statue. Spesso le nascondevano tra i capelli ma quando si vedevano erano ben proporzionate e modellate con cura.

orecchie delle statue greche

Nulla a che vedere con le orecchie ribaltate e geometrizzate delle maschere micenee

orecchie delle maschere micenee

L’orecchio come oggetto isolato compare però in forma di ex-voto sia nell’arte etrusca – specializzata da sempre nei votivi anatomici – sia in quella romana. Si va dal IV secolo a.C al III d.C.

orecchie votive

Nel Medioevo le orecchie come ex voto scompaiono e con l’arte bizantina non si vedono più nemmeno nelle figure umane perché coperte dai capelli. In forme un po’ surreali si trovano in alcune miniature del Basso Medioevo.

orecchio nel codici miniati

Con Giotto, nella prima metà del Trecento, le orecchie tornano in scena grazie ai suoi volti di profilo. E, com’era prevedibile per un autore attento al vero, sono perfette!

le orecchie di Giotto

Nel Rinascimento, anche grazie alla moda del ritratto di profilo, l’orecchio è sempre ben delineato, ma non ho trovato studi specifici.

orecchie nel Rinascimento

Leonardo non gli ha dedicato schizzi appositi ma i suoi disegni di volti di profilo evidenziano una conoscenza precisa della forma dell’orecchio.

orecchie di Leonardo

Nel  Seicento, invece, l’orecchio diventa oggetto di analisi. Viene raffigurato anche da dietro, dall’alto e dal basso; punti di vista insoliti ma sempre utili ai pittori.

studi di orecchio di Guercino

Jusepe de Ribera studio dell'orecchio

Ma occorre aspettare fino al Novecento perché l’orecchio diventi un’opera d’arte. Il primo è stato probabilmente Adolfo Wildt (1868-1931) con una scultura costituita da un grande orecchio di marmo.

orecchio di Wildt

Da quest’oggetto, nel 1927, Wildt ricavò una versione in bronzo per farne il citofono di palazzo Sola-Busca, a Milano (forse il primo citofono di tutta la città). Quell’oggetto, ironico e surreale, ha trasformato il palazzo di via Serbelloni 10 in Ca’ de l’oreggia.

citofono a forma di orecchio di Wildt

Ma la sua forma così astratta non poteva non fare dell’orecchio il protagonista dell’arte del Novecento. Uno dei primi esempi è della surrealista Meret Oppenheim (1913-1985). Si tratta di uno strano oggetto in bronzo dedicato allo scultore Giacometti.

orecchio di Meret Oppenheim

Restando al Surrealismo non poteva mancare René Magritte (1898-1967). Stavolta l’orecchia di mare è una vera conchiglia mentre un orecchio da cui pende una campana diventa la lezione di musica. D’altra parte sono due cose che ascoltiamo: il rumore del mare e il suono della campana…

orecchie di Magritte

Naturalmente c’è anche Salvador Dalì (1904-1989) con due opere molto differenti. La prima è una Madonna ispirata alla Sistina di Raffaello e inserita all’interno di un orecchio. Il tutto trattato con una sorta di retinatura da osservare strizzando un po’ gli occhi.

Madonna nell'orecchio di Dalì

La seconda opera è la Venere otorinologica, una testa nella quale naso e orecchio sono scambiati di posto. Ma se è vero che sentiamo sia gli odori che i rumori dovrebbe funzionare tutto lo stesso, no?

Andando a opere più razionali c’è tutto il filone di sculture più o meno grandi dedicate all’orecchio, la parte più plastica del corpo umano.

Se n’è occupata molto anche Louise Bourgeois (1911-2010) con sculture, disegni e multipli. Un’esplorazione certosina di tutte le potenzialità espressive di questa strana spirale carnosa che abbiamo ai lati della testa.

Louise Bourgeois

Probabilmente la stessa ricerca che ha fatto il fotografo Bill Brandt (1904-1983) con i suoi dettagli del corpo umano. Foto che rendono gigantesche anche le parti più piccole rendendole a loro volta nuovi paesaggi.

orecchio di bill brandt

Orecchie giganti sono anche quelle di un artista scomparso da poche settimane: John Baldessari (1931-2020). Nelle sue installazioni, tra il pop e il surreale, le orecchie diventano ironiche e accoglienti.

Baldessari orecchie

Di orecchie ce ne sono ancora tante altre. In ceramica, in vetro, impagliate, di cioccolata. Le trovate sempre nella solita bacheca di Pinterest.

Ma il senso di questa storia possiamo trovarlo anche con queste. E il senso è che non esiste nulla di troppo piccolo o insignificante che l’arte non possa trasformare in una forma potente ed evocativa.

 

Emanuela Pulvirenti

https://www.didatticarte.it/Blog/?page_id=65

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20 risposte

  1. Adriana Oliveira ha detto:

    Congratulations from Brazil! Just Van Gogh’s story of the ear was missing.

  2. Edoardo Pilia ha detto:

    Bravissima come sempre. Interessantissimo!

  3. Marco Stancati ha detto:

    Ho un motivo in più per esserti grato. Per un webinar di dopodomani sulla “medicina narrativa” cercavo un’immagine, come copertina del mio intervento, che contenesse in sé la sintesi simbolica del percorso virtuoso dell’ascolto empatico. E mi sono imbattuto nel tuo “florilegio auricolare”. La prendo in prestito, citandoti e con link all’articolo. Con l’occasione, buona Pasquetta!

  4. Adriana ha detto:

    Che fantastico excursus! Grazie e congratulazioni.. Ho usato frequentemente l’occhio come simbolo nel collage, spessissimo la mano, e anche il piede, una volta. L’orecchio una sola volta pure, ma importante.. Questa pagina mi ci ha fatto ripensare. Pagina imprescindibile, una volta che la si conosce!

  5. Franco ha detto:

    Sinceramente parlando, non mi ero mai soffermato a pensare all’orecchio… 🙂 e alla luce di quanto ho appena letto, non mi rimane che sincerarmi per il fantastico articolo!

  6. Domenico Cassese ha detto:

    Bellissimo articolo, non ci avevo mai pensato.

  7. Luisa ha detto:

    Incredibile visu…anzi no…auditu…..
    Leggo sempre con grandissimo interesse e rinnovata meraviglia.
    Grazie Emanuela.

  8. Enrica Caterina Corà ha detto:

    Grazie!
    Sai sempre meravigliare con le tue splendide osservazioni!

    Colgo l’occasione, per chiederle se conosce dei testi in Italiano sull’opera di Louise Bourgeois . Grazie

  9. Marino Calesini ha detto:

    Meraviglia . Grazie

  10. giulia orecchia ha detto:

    ehehe Emanuela questo post è dedicato a me…!