In amaca con l’arte

Quando mi viene il desiderio di qualcosa mi piace sempre cercare tra i dipinti per trovare ispirazione. Oggi, ad esempio, pensavo che mi piacerebbe sdraiarmi su un’amaca, al fresco, sotto gli alberi. Ma è un desiderio irrealizzabile perché il mio cane la farebbe a brandelli… e allora mi perdo nelle trame della rete vagheggiando quel dondolio leggero e spensierato.

Come sempre non credevo che fosse un tema molto praticato dagli artisti, salvo poi scoprire una gran quantità di dipinti con l’amaca, quasi tutti di fine Ottocento e primo Novecento. Non c’è da stupirsi: è l’epoca in cui l’arte abbandona (finalmente) i temi sacri e mitologici per dedicarsi all’osservazione del quotidiano in quella che viene chiamata scena di genere.

Naturalmente questo non significa che l’amaca sia stata inventata in quel periodo. Al contrario, era stata osservata per la prima volta all’inizio del Cinquecento dai navigatori sbarcati in America e descritta accuratamente come uno strano oggetto proprio di civiltà lontane. Lo stesso Colombo scrisse nei suoi diari che gli indigeni usavano letti appesi, fatti di reti di cotone.
Pare che la parola stessa “amaca” (hamaca in spagnolo) derivi dal termine caraibico hammàka (a proposito, in italiano la pronuncia corretta è amàca, con l’accento sulla seconda a).

Gli esploratori si innamorarono subito dell’amaca, trovandola molto più fresca, igienica e comoda dei materassi europei, imbottiti di lana (e di pulci). Era anche facile da trasportare: bastava arrotolarla e appenderla a due tronchi d’albero.

L’origine americana dell’amaca tuttavia è smentita da alcune immagini precedenti all’arrivo di Colombo nel Nuovo Mondo. Nel Salterio di Luttrell, un codice miniato del XIV secolo, c’è un’illustrazione che raffigura inequivocabilmente un’amaca. Non è una rete di cotone ma è certamente un grande telo da appendere alle estremità.

Un’altra amaca compare ancora prima nell’illustrazione di un Esateuco inglese del XI-XII secolo. Si tratta di una sorta di carro con un telo sospeso tra due pali sul quale siede Giuseppe, il personaggio dell’Antico Testamento.

Ad ogni modo l’amaca non aveva mai preso piede nella cultura europea fino a quando non sarà riscoperta con i viaggi oltreoceano. Non è un caso che la ricomparsa delle amache sia iniziata dalle navi, dove era usata come giaciglio per la ciurma: oltre a essere immediatamente asportabile per lasciare spazio agli ambienti, aveva anche il vantaggio di smorzare il dondolio della nave permettendo un sonno meno “agitato”.

Nella società europea (ma anche in quella americana dell’Ottocento) l’amaca invece è solo un oggetto da giardino, usato per il relax. Ma doveva essere anche un buon affare visto che è stata oggetto di tanta pubblicità!

Oltre al riposo degli adulti, l’amaca era utilizzata – in forme miniaturizzate – come culla per bambini nella cultura contadina siciliana. Si appendeva sopra il letto matrimoniale, agganciata alle pareti o alle travi del soffitto in modo da poter dondolare il neonato senza fatica.
Si chiamava naca, termine che deriverebbe dall’arabo  naq’a(h), cioè culla, dondolo, o dal greco nake, che significa vello di pecora, il materiale di cui probabilmente era fatta la piccola amaca. Da naca viene il verbo siciliano annacare, cioè dondolare, e annacarsi che vuol dire sia ancheggiare che sbrigarsi, dipende dal contesto.

Ma torniamo alla storia dell’arte. Il dipinto più antico che ho trovato risale alla seconda metà del Settecento e mostra una donna che dorme in un’amaca dentro una stanza. Probabilmente la scena è ambientata  nell’isola caraibica di Portorico.

I nostri gaudenti borghesi dell’Ottocento, invece, usano l’amaca solo all’aperto. La serie inizia con un pezzo grosso: è Gustave Courbet, il massimo rappresentante del Realismo francese. Si è occupato dell’amaca due volte raffigurando una madre con il suo bambino e una ragazza che dorme saporitamente. Per la seconda tela l’artista si sarebbe ispirato alla raccolta di poesie Le orientali, scritta da Victor Hugo nel 1829, in cui viene descritta la scena sensuale di una donna addormentata su un’amaca.

Tra i grandi del pennello troviamo anche un bel dipinto di Giovanni Boldini del 1872, con il suo tipico stile a pennellate selvagge.

Ma di amache dipinte ce ne sono a decine. Ci riposano quasi sempre donne. A volte dormono, a volte leggono e in alcuni casi sono in compagnia.

Un caso a parte, assolutamente unico, è rappresentato dalla scultura di Antonio Frilli. Il suo nudo sull’amaca del 1890 è un piccolo capolavoro di eleganza (e di sfida alla resistenza del marmo!).

Non so voi, ma a me questa scorpacciata di amache ha  fatto venire un irrefrenabile desiderio di ozio.

Solo che si è fatto tardi, è già ora di pranzo e devo andare a cucinare!
Mi accontenterò di contemplare il riposo dipinto. E se mi immedesimo a fondo mi pare già di sentire il dondolio dell’amaca, tra il frinire di cicale e una brezza leggera.

 

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25 risposte

  1. Marta ha detto:

    Bellissimo post! grazie per fare scoprire artisti meravigliosi ma purtroppo meno consciuti

  2. Massimo Pulito ha detto:

    Grazie di cuore per il bellissimo viaggio…vi seguo sempre!

  3. Cecilia ha detto:

    Che belli sempre tutti questi dipinti! Una gioia per gli occhi e per la mente…. Grazie, veramente grazie cara Emanuela per il suo lavoro!

  4. Luisa ha detto:

    I quadri magnifici, uno più bello dell’altro, ma la menzione d’onore spetta alla scultura, veramente incantevole e come dici tu, una sfida elle leggi della gravità….potenza dell’arte.
    Bellissimo contributo estivo. Grazie Emanuela.
    Un abbraccio.

  5. Rosario Morra ha detto:

    Gentile Emanuela, ogni volta che leggo i suoi testi resto stupito dall’acutezza e dalla curiosità che li ispirano, gli argomenti e la ricerca iconografica sono poi così interessanti e competenti da rendere un vero piacere la lettura. Grazie
    Rosario

  6. Antonietta ha detto:

    Ho letto l’articolo distesa piacevolmente sull’amaca del mio giardino! Complimenti, come sempre…

  7. Laura ha detto:

    Grazie bellissimo, un Colombo che scopre L’America nuda in amaca si trova anche fra le grottesche del piano superiore del museo Argenti, oggi Tesoro dei Medici, mi ha sempre fatto ridere, grazie ancora

  8. Marinella ha detto:

    A me l’amaca fa venire il mal di mare. Ma i quadri che presenti sono semplicemente deliziosi.
    Complimenti per i tuoi articoli che seguo sempre con grande interesse. Non insegno più da alcuni anni (scuola primaria, per me sempre “elementare”!) ma penso spesso a quanti spunti avrei potuto sfruttare grazie al tuo lavoro.
    Buona estate!

  9. M.Angela Fiandaca ha detto:

    Sempre unicissima nel tuo genere ! Riesci a coniugare stile, competenza ed originalità…

  10. Marino Calesini ha detto:

    Interessantissimo. Qualche tempo fa qualcuno chiedeva quale fosse l’integratore usato per cotanta energia. Una inesauribile fonte di spunti, argomenti, immagini ! Complimenti .

  11. Angela ha detto:

    ❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️

  12. ANNA MARIA CASADEI ha detto:

    Emanuela sei incredibile, riesci a trovare particolari dell’arte veramente unici. Bravissima. Buon lavoro. Anna Maria Casadei – docente di storia dell’arte in pensione.

  13. Silvia ha detto:

    Un post davvero molto rilassante, non sapevo che l’amaca avesse origini così antiche!
    Grazie e complimenti per il sito!