Degli specchi e dei riflessi
No, questa non è né una storia degli specchi nell’arte né una storia nell’arte degli specchi.
Caso mai le storie che lo specchio racconterebbe se solo sapesse parlare, le immagini di ciò che ha visto riflettersi sulla sua superficie: la vanità e la malizia delle dee e la freschezza di giovani bellezze alla toilette, l’estasi di fragili Narcisi, le carni eccessive di prostitute parigine, lo sguardo sicuro del pittore che ritrae se stesso, la macchina fotografica accanto al suo fotografo, stanze dilatate e duplicate, e poi alberi, case, cieli, distese di mare e luoghi dell’immaginazione.
Il racconto dello specchio comincerebbe forse dalla prima volta in cui un uomo si è trovato davanti alla sua immagine riflessa. Probabilmente siamo in età preistorica. Probabilmente lo specchio è solo la superficie calma di un lago. E probabilmente quell’uomo si sarà sporto oltre il bordo scoprendo che c’è un altro lui che lo guarda dall’acqua!
Un antenato di Narciso, forse. Anche se non sappiamo se poi si sia innamorato della sua stessa figura o se abbia preferito una più pratica compagna in carne ed ossa…
Di sicuro, nel racconto dello specchio, appariranno molte più donne che uomini. Perché, si sa, la vanità è donna e lo specchio è simbolo della vanità per antonomasia…
Una delle prime a specchiarsi, infatti, è stata Venere (ma ha continuato a farlo per secoli). D’altra parte, se non si fosse specchiata lei che era la dea della bellezza, chi avrebbe dovuto farlo?
La cosa intrigante è che in tutti i dipinti Venere ci guarda compiaciuta attraverso il suo riflesso nello specchio. Ma se noi possiamo vederla vuol dire che lei non può vedere se stessa! Dunque non si sta ammirando in tutto il suo splendore come generalmente si crede, ma sta cercando di trascinarci dentro il dipinto (cosa che riesce a fare benissimo!).
Questo gioco di riflessi, conosciuto proprio come effetto-Venere, è uno dei tanti fenomeni “illusionistici” legati al mondo degli specchi. Un trucco ottico, se vogliamo. Ma di grande suggestione, tant’è vero che è ancora molto usato in fotografia.
Ma torniamo alle storie dello specchio. Veneri ammiccanti a parte, credo che ci racconterebbe delle giovani donne alla toilette e della loro riservatezza. In genere, infatti, non ci mostrano il loro riflesso, anzi sembrano non accorgersi di essere osservate in un momento di tale intimità.
Sì perché pettinarsi è un gesto di vanità ma di quelli personali, privati. Niente esibizioni.
Al contrario ci sono autori che il personaggio allo specchio ce lo mostrano solo attraverso il riflesso. Dunque un’immagine virtuale, qual è quella sulla superficie dello specchio, rappresentata attraverso un’immagine altrettanto virtuale qual è quella della superficie pittorica.
Un doppio inganno. Ma doppiamente affascinante! Specie quando il personaggio è il pittore stesso che si ritrae attraverso il riflesso…
Uno stratagemma, anche questo, che i fotografi non si sono lasciati sfuggire!
È così che, sulla superficie dello specchio, si materializzano porzioni di figure umane, assenze catturate da un effimero riflesso ma fissate in questo in modo permanente.
Ma lo specchio ci direbbe che questo è un trucco antico. Ci svelerebbe, infatti, che già nel Rinascimento, in area fiamminga, grazie agli specchi convessi, la pittura ha idealmente varcato la soglia della tela, proiettando l’al di qua dentro la scena.
Cos’è lo specchio dietro i coniugi Arnolfini se non un espediente raffinatissimo per ampliare lo spazio pittorico includendone chi sta fuori?
Come un obiettivo fish-eye, lo specchio convesso riesce ad attrarre un’area molto vasta, raccogliendo sulla sua superficie, oltre ai personaggi, tutto l’ambiente in cui si trova. È uno specchio che amplifica lo spazio, lo duplica e lo deforma.
Esattamente quello usato anche da Parmigianino, Claesz e perfino Escher.
Per ottenere un simile effetto di raddoppio spaziale senza usare uno specchio convesso occorre usare un’intera parete specchiante. In questi casi la finzione è totale: quasi impossibile, infatti, stabilire se si tratti di uno specchio o di una scena che sta realmente sullo sfondo, come vista da una finestra.
Questa duplicazione può avvenire anche fuori dai quadri, anche sulla superficie dell’acqua. Lo stesso specchio di Narciso può riflettere scorci urbani o intere città.
Una moltiplicazione che può diventare infinita se lo specchio si frammenta…
… o se ci ritroviamo in un labirinto di specchi!
Attenzione, ci direbbe lo specchio, proseguendo nel suo racconto. Non sempre l’immagine riflessa è sinonimo di verità, di fedele riproduzione del soggetto.
Nel momento in cui si parla di specchi dipinti si parla di immagini dentro l’immagine. E se l’autore di queste immagini è un surrealista come Magritte, allora non c’è da aspettarsi più nulla di ordinario. Lo specchio sembra impazzire, le regole dell’ottica sono sovvertite.
Persino tentare di rappresentare uno specchio e basta è un’operazione surrealista. Perché lo specchio, di per sé, è come se non esistesse. È in quanto riflette. Altrimenti non è. Per questo gli specchi di Roy Lichtenstein richiamano l’iconografia del fumetto. Non si può raffigurare altrimenti uno specchio!
Quello che avviene per questi specchi è più vicino alle avventure di Alice che alla tradizione secolare dello specchio nell’arte.
Eppure, nonostante si tratti delle immagini più distanti possibile dalla realtà fenomenica a cui siamo abituati, tutta l’arte contemporanea sembra ispirata proprio agli effetti più stranianti che si possano ottenere con gli specchi. Con la differenza che gli specchi, stavolta, sono veri!
È il caso di Pistoletto…
… ma soprattutto di Kapoor.
Alterare la nostra percezione dello spazio. Ecco quello che vogliono ottenere gli specchi contemporanei.
Qualche specchio vuole persino convincerci che siamo tutt’altro da ciò che abbiamo sempre immaginato!
E qualche altro vuole regalarci solo un po’ di poesia.
A questo punto lo specchio sarà giunto alla fine del racconto. Piccolo e tondo o grande e convesso ci ha portati a spasso sulla sua superficie del paradosso, un luogo inesistente capace, però, di creare una realtà parallela, uno spazio illusorio dove tutto può accadere.
Come l’arte.
P.S. Se avete un po’ di tempo posso raccontarvi questa storia direttamente con la mia voce 😉
Complimenti! Hai costruito nel tempo, con passione e competenza, un magnifico blog, ricco di cultura, di spunti e di emozioni!
Grazie!
“Gli antichi costruirono Valdrada sulle rive d’un lago con case tutte verande una sopra l’altra e vie alte che affacciano sull’acqua i parapetti a balaustra. Così il viaggiatore vede arrivando due città: una diritta sopra il lago e una riflessa capovolta. Non esiste o avviene cosa nell’una Valdrada che l’altra Valdrada non ripeta, perché la città fu costruita in modo che ogni suo punto fosse riflesso dal suo specchio, e la Valdrada giù nell’acqua contiene non solo tutte le scanalature e gli sbalzi delle facciate che s’elevano sopra il lago ma anche l’interno delle stanze con i soffitti e i pavimenti, la prospettiva dei corridoi, gli specchi degli armadi.
Gli abitanti di Valdrada sanno che tutti i loro atti sono insieme quell’atto e la sua immagine speculare, cui appartiene la speciale dignità delle immagini, e questa loro coscienza vieta di abbandonarsi per un solo istante al caso e all’oblio. Anche quando gli amanti danno volta ai corpi nudi pelle contro pelle cercando come mettersi per prendere l’uno dall’altro più piacere, anche quando gli assassini spingono il coltello nelle vene nere del collo e più sangue grumoso trabocca più affondano la lama che scivola tra i tendini, non è tanto il loro accoppiarsi o trucidarsi che importa quanto l’accoppiarsi o trucidarsi delle loro immagini limpide e fredde nello specchio.
Lo specchio ora accresce il valore delle cose, ora lo nega. Non tutto quel che sembra valere sopra lo specchio resiste se specchiato. Le due città gemelle non sono uguali, perché nulla di ciò che esiste o avviene a Valdrada è simmetrico: a ogni viso e gesto rispondono dallo specchio un viso o gesto inverso punto per punto. Le due Valdrade vivono l’una per l’altra, guardandosi negli occhi di continuo, ma non si amano.”
Le Città Invisibili, Italo Calvino
Perfetto, sembra scritto apposta!
Ciao.
Le foto degli specchi rotti sono opera di qualche artista? Volevo sapere chi li ha fatti e cercarne altri.
Il nome dell’artista è nell’angolo in basso a sinistra della foto 🙂
Interessante grazie
Ho trovato soltanto oggi il tuo articolo. Grazie del bel regalo Emanuela, il video e l’articolo danno più soddisfazione di un viaggio……dovrò studiarmeli.
Stimolano riflessioni e considerazioni. Provengo da una formazione psicologica e utilizzo l’arteterapia nel mio lavoro. Buon lavoro.
Annalisa
Grazie a te Annalisa!
e buon lavoro
Semplicemente.. BRAVISSIMA!
“rispecchi” il mio ideale di Donna e di Docente
Sara
Grazie Sara! Sei un tesoro ❤️
Quando ero piccola mia madre mi diceva che guardarmi allo specchio poteva apparire il diavolo , scherzava naturalmente perché ero una piccola civetta . Ma lo specchio è una bella invenzione , come si farebbe senza ?
Che vita sarebbe senza poter vedere noi stessi? 😉
Ciao , avrei bisogno di chiederti una dritta sulla creazione di un manifesto per l’pen day del mio liceo..lo faccio in questo spazio , o hai un altro riferimento? Grazie mille .Serena giornata .Luisa
Ciao Luisa, scrivimi qui: https://www.didatticarte.it/Blog/?page_id=1142
A presto!
Molto bello e con alcune idee da “rubare” … e provare. Grazie 😉
Credo che ciascuno di noi utilizzi ogni giorno specchi diversi (grandi, piccoli, tondi, convessi, frammentati, ecc) in funzione dell’umore, del contesto (amici e lavoro richiedono specchi differenti ad esempio) e delle cose che ci circondano.
A volte utilizziamo questi specchi semplicemente per osservare con “altri occhi” e, molto spesso, utilizziamo questi specchi per nasconderci (o forse proteggerci) dietro un alter ego che offre un’immagine non veritiera ma soltanto riflessa di noi stessi.
Altre volte questi specchi rivelano aspetti sconosciuti del nostro essere e questi, forse, sono i riflessi più preziosi.
Sempre preziose le tue riflessioni 😉
Grazie Alesatore!
Fantastica citazione! Grazie 😀
Straordinariamente affascinante ogni post che riesce a far capire l’arte con occhi molto attenti e un linguaggio coinvolgente e chiaro. Grazie
Grazie mille, Ermanno
Bellissimo, grazie!
ottimo, grazie! g.speranza
Splendido Post! Ricordo che anni fa anch’io con i ragazzi di quinta ho fatto un percorso simile attraverso le opere di Stevenson, Wilde, Gogol, Pirandello… Più che sulla vanità, sulla scoperta improvvisa e inaspettata della propria identità! Ciao Emanuela. È sempre un piacere leggerti…
Ti ringrazio!
BELLISSIMO! 🙂
Grazie, bellezza! ❤️