Masaccio via Skype, storia di una videolezione
Gentile professoressa Pulvirenti, mi chiamo Benedetta e sono una studentessa del liceo classico Armando Diaz di Ottaviano, della provincia di Napoli. Frequento il quarto anno, e l’anno scorso ho cominciato a studiare storia dell’arte. Per approfondire lo studio della disciplina, la mia professoressa ha deciso di integrare le pagine del libro con i suoi appunti pdf dal sito didatticarte. Li abbiamo trovati non solo interessanti, ma anche diretti, semplici, facili da comprendere, ed è per questa motivazione che oggi le scrivo a nome di tutta la mia classe. Vorremmo che lei venisse al nostro liceo per conoscerla di persona e per tenere una lezione con noi. Aspettando una sua risposta, la ringrazio e le auguro una buona domenica.
Cara Benedetta
piacerebbe anche a me incontrarvi: non capita tutti i giorni che mi scrivano degli studenti invitandomi nella loro scuola! Purtroppo non è semplice per me venire da Caltanissetta. Però ho una proposta alternativa: incontriamoci in videoconferenza. Se avete il necessario (computer con telecamera, connessione e un programma tipo Skype o Hangout) si può organizzare facilmente.
Fatemi sapere.
Un caro saluto, Emanuela Pulvirenti
In poco tempo abbiamo scelto data, orario e argomento e due giorni fa ci siamo ‘incontrati’ per parlare di Masaccio.
La data scelta, però, era una giornata particolare. Perché esattamente 50 anni prima, il 4 novembre 1966, la città di Firenze subì una delle alluvioni più drammatiche che si ricordino. Allora ho voluto introdurre la lezione con un ricordo di quell’evento apocalittico, quando le acque dell’Arno arrivarono fino a 5 metri di altezza devastando in una fatale morsa di fango e nafta decine di monumenti, migliaia di opere d’arte e milioni di libri (oltre a fare ben 35 vittime).
La reazione fu un gesto di solidarietà collettiva e spontanea da parte di migliaia di giovani di tutt’Italia di proporzioni tali che ancora viene ricordato. Questi ‘angeli del fango‘, come vennero subito ribattezzati, estrassero dalla melma statue, dipinti, oggetti antichi e manoscritti salvandoli da un fine ormai certa.
Purtroppo alcuni capolavori sono stati danneggiati in modo irreparabile. Tra questi la ‘vittima più illustre’, come la definì papa Paolo VI: il Crocifisso di Cimabue nella chiesa di Santa Croce, risalente al 1280. Perse oltre il 70% della superficie pittorica, lacune non più colmabili.
Perché questa premessa? Non solo per l’occasione offerta dall’anniversario e per il fatto che Masaccio ha operato proprio a Firenze, ma per ricordare che tutto ciò che studiamo dai libri e che ci sembra eterno e immobile, è in costante pericolo di sopravvivenza. Il tempo, le calamità naturali, gli interventi maldestri, l’incuria… tutto complotta per la perdita progressiva del nostro patrimonio.
Ma queste pietre, questi pezzi di legno dipinti, fanno parte della nostra storia, sono le nostre radici culturali, prima ancora che estetiche. Preservarle è un dovere morale. E per saperle preservare occorre prima conoscerle… dunque non perdiamo altro tempo, passiamo subito al nostro Masaccio!
Il buon Tommaso di Giovanni Cassai, Masaccio appunto, nasce nell’attuale San Giovanni Valdarno nel 1401. Un anno importante nella storia del Rinascimento fiorentino. L’anno del Concorso per la porta nord del Battistero di Firenze (in realtà la porta doveva stare a est, di fronte al duomo, ma fu subito spostata a nord per far posto alla porta del Paradiso).
Si sa davvero poco del suo apprendistato e poche sono le opere giunte fino a noi. Ma stavolta non c’entrano le catastrofi naturali: il povero Masaccio muore misteriosamente a Roma nel 1428 a soli 27 anni (a questa notizia i miei alunni sono sempre contenti: meno opere da studiare!).
La sua produzione pittorica si concentra, dunque, in soli sei anni. Eppure quelle opere sono un caposaldo fondamentale nella storia dell’arte. Vediamo perché.
Cominciamo con la prima opera certa, il Trittico di San Giovenale.
Datato 1422, mostra già alcuni elementi tipici di Masaccio: la solidità delle figure e lo spazio reso in prospettiva. Questi due elementi deriverebbero rispettivamente dalla sua conoscenza delle opere di Giotto e dalla frequentazione con Brunelleschi. Due elementi che marcano già la distanza con il tardo Gotico. Basta un rapido confronto con un analogo trittico di ascendenza trecentesca (Spinello Aretino, 1393) per cogliere l’originalità di Masaccio.
Nonostante la tradizionale sagoma a sesto acuto dei tre pannelli, il fondo d’oro e le aureole circolari preziosamente incise, quelle linee sul pavimento e il trono romanico avvolgente creano un inedito senso di profondità e unificano lo spazio delle tre ante.
Gli angeli di spalle, poi, sono un ulteriore indizio spaziale: sottolineano la distanza tra loro e il trono e realizzano una scansione di piani in profondità.
Per mettere alla prova gli studenti che mi stavano ascoltando ho chiesto a bruciapelo: “Ricordate dove avete già incontrato figure di spalle?”. E loro, prontissimi: “Nel Compianto di Giotto!”. Accidenti, davvero preparati!!!
Ecco, dunque, che rispunta Giotto anche per questo dettaglio.
Ci siamo soffermati anche su altri particolari come le mani degli angeli (particolarmente malriuscite…) e la luce. Osservando le figure pare che ognuna sia illuminata da una fonte differente: proveniente da destra la luce sull’angelo di destra e da sinistra sull’altro angelo, quasi frontale sulla Madonna e addirittura da direzioni opposte sul trono (lo schienale pare illuminato leggermente da sinistra e il gradino sottostante da destra). Si direbbe che Masaccio non si sia preoccupato della coerenza luminosa della scena preferendo lavorare di chiaroscuro sulle singole figure.
Dove la luce ha un ruolo importante e innovativo è, invece, nel Tributo, un affresco dipinto da Masaccio nella Cappella Brancacci (chiesa del Carmine, Firenze) nel 1425. Per cominciare ci siamo subito immersi nella visita virtuale della cappella, dove Masaccio lavorò accanto a Masolino da Panicale, artista ancora legato agli stilemi gotici.
L’affresco che ci interessa si trova sulla parete sinistra, nel registro superiore. Ho dato quindi un suggerimento ai ragazzi: osservate bene il rapporto tra la finestra della cappella (non è quella originaria ma ne conserva la posizione) e la collocazione dell’affresco.
Ma andiamo a vedere l’affresco nel dettaglio. L’immagine si riferisce ad un episodio del Vangelo (l’intero ciclo pittorico è dedicato alla vita di San Pietro), il momento in cui Cristo e gli apostoli entrano a Cafarnao. Nella stessa scena sono raccontati tre episodi consecutivi: al centro un gabelliere chiede a Cristo una tassa per entrare nella città; a sinistra Pietro, su indicazione di Cristo, prende un pesce dal fiume e ne estrae dalla bocca una moneta d’oro; a destra Pietro paga con la moneta il tributo al gabelliere.
La figura di Pietro, dunque, si ripete tre volte, mentre quella del gabelliere due. Ma poco importa. È un intero racconto condensato in una sola immagine, dunque rapido da leggere e da comprendere.
L’ambiente è definito da un’architettura sulla destra e da uno sfondo montuoso e brullo. Lo spazio è reso profondo dalla prospettiva lineare e dalla posizione dei personaggi, distribuiti liberamente su diversi piani di profondità, con il gabelliere di spalle (rieccolo!) che chiude la scena.
Con una restituzione prospettica (cioè l’operazione di passare da una prospettiva ad una vista in pianta) si può scoprire quale libertà di collocazione Masaccio abbia dato ai suoi personaggi. Talmente naturali ed espressivi che l’onnipresente Vasari ne ammirerà i “gesti sì pronti che veramente appariscon vivi”.
Le montagne, sempre più chiare e sempre più fredde procedendo verso il fondo, sembrano quasi anticipare la prospettiva area di Leonardo. Evidentemente Masaccio è un ottimo osservatore, per lui rappresentare il mondo con realismo è un obiettivo fondamentale.
Talmente importante da portarlo ad una conquista incredibile: per la prima volta nella storia dell’arte le aureole sono viste di scorcio! Praticamente sono dei dischi circolari poggiati in cima al capo che seguono la direzione della testa. Sono oggetti solidi, non emanazioni luminose.
Riprendiamo adesso la questione luce. Da che lato sono illuminati tutti i personaggi? Da destra, con tanto di ombre proprie e portate perfettamente riconoscibili e coerenti.
Da che lato arriva sulla parete la luce della finestra? Anche quella da destra! Allora è come se i personaggi fossero illuminati dalla luce reale che entra nella cappella. Un illusionismo pittorico da vero maestro!
Un’illusione luministica che continua nell’affresco adiacente, sullo stipite sinistro dell’arco che delimita la cappella. È l’episodio della cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso Terrestre. I due personaggi, disperati, si muovono verso destra, appena fuori dalla porta dell’Eden, sotto il comando imperioso di un cherubino. La luce li investe frontalmente rivelando il corpo potente di lui e quello goffo di lei. La tridimensionalità creata col chiaroscuro è talmente evidente che Michelangelo, circa settant’anni dopo, ne vorrà catturare ogni segreto ridisegnando a sanguigna i progenitori (e forse esagerandoli un po’…).
Qui appare anche un altro elemento tipico del Rinascimento: l’ispirazione alla scultura classica. La figura di Eva, infatti, richiama la tipica postura della Venere pudica (posa che di lì a qualche decennio anche Botticelli sceglierà per la nascita della sua Venere).
Il pathos però è tutto ellenistico (anche se il Laocoonte sarà scoperto 80 anni dopo): un urlo straziato per lei, le mani a coprire il volto per lui.
Dello stesso periodo è La Madonna e Sant’Anna (opera conosciuta anche come ‘Sant’Anna Metterza‘ per la sua posizione di questa in terza fila). Si tratta di un lavoro in collaborazione tra Masaccio e Masolino del 1424-25. Del primo sarebbero la Madonna col Bambino e l’angelo in alto a destra, riconoscibili per le forme tornite ben piantate nello spazio.
Masolino, al contrario, non crea una particolare profondità spaziale ad eccezione della mano di Sant’Anna, scorciata e protesa in avanti. Un gesto che troverà una lunga eco nella pittura italiana.
Nonostante la mancanza di prospettiva e le reminiscenze gotiche del formato della tavola e del fondo oro, basta, anche qui, un semplice confronto iconografico perché la freschezza di quest’opera salti subito all’occhio.
Nella tradizione bizantina e medievale, ad esempio, Sant’Anna, Maria e Gesù sono rigidamente decrescenti, come pezzi di una matrioska. Non interagiscono e non hanno volume. Molto diversa è la successiva versione di Leonardo, nella quale le tre figure, fuse in un gruppo unico con andamento a spirale, si trovano immerse in uno di quei profondissimi paesaggi come solo lui sapeva fare.
Agli ultimi anni della vita di Masaccio appartiene l’opera più straordinaria, la più rinascimentale e la più sofisticata: la Trinità in Santa Maria Novella, sempre Firenze (1426-1428).
Qui Dio Padre, il Figlio crocifisso e lo Spirito Santo sotto forma di colomba, stanno all’interno di una grande architettura classicheggiante, mentre Maria e Giovanni affiancano la croce e, più sotto, i committenti pregano inginocchiati. Alla base è un sarcofago su cui giace uno scheletro.
Anche in questo caso ho suggerito ai ragazzi di fare attenzione alla collocazione dell’affresco (posto lungo la parete della navata sinistra) rispetto ai visitatori. Comincia subito sopra il pavimento. Teniamolo a mente.
Ma andiamo subito a scoprire le novità di quest’opera. E facciamolo, come sempre, attraverso il confronto con l’iconografia medievale.
La prima differenza che si nota è che i personaggi di Masaccio hanno tutti le stesse proporzioni. È caduta la gerarchia dimensionale per la quale chi è più importante è anche più grande. Non è un’ovvietà. Significa che adesso, con l’Umanesimo, l’uomo si confronta con Dio senza sudditanza. Ha recuperato la sua centralità nel mondo e il controllo del suo destino e può ricreare la realtà a sua immagine.
Di più: la scena si svolge in uno spazio concreto e profondo (e non davanti un piattissimo fondo d’oro). Un’immensa volta a botte cassettonata, di romana memoria, sovrasta i personaggi nella sua perfetta prospettiva (qualcuno ritiene che sia stato Brunelleschi stesso ad impostarla).
Il punto di fuga su cui è costruita è allineato con il piano su cui sono posti i committenti (figure che chiudono la base della piramide di personaggi).
Strano punto di fuga! In genere (come abbiamo visto per il Trittico o per il Tributo) il punto di fuga è posto nel volto del personaggio principale, in modo che l’occhio venga condotto dalle linee convergenti verso quella zona del dipinto.
Ma qui c’è un motivo diverso. Masaccio ha scelto quel punto perché si trova esattamente all’altezza di un osservatore reale (ecco perché vi dicevo di notare la posizione dell’affresco!). Quella volta a botte è dipinta esattamente come la vedremmo se fosse realmente scavata nel muro. Un vero capolavoro di illusionismo prospettico, un trompe l’oeil che porterà il nostro immancabile Vasari ad esclamare “pare che sia bucato quel muro!”.
Di questa straordinaria volta a botte se ne ricorderanno in tanti. Sculture e architetture quasi prive di reale profondità riuscirono a dare un grande senso dello spazio grazie al trucco ideato da Masaccio: pensare la prospettiva in funzione di un osservatore reale.
Ma di Masaccio si ricorderanno anche gli artisti del Novecento. Dei suoi corpi così essenziali e solidi, del suo chiaroscuro spietato.
Ovviamente, alla fine di una lezione fatta come si deve, non può mancare la verifica finale. Ho lanciato quindi un rapido test online e ho assegnato i compiti per casa (“pure!” hanno esclamato i ragazzi…).
Ecco l’attività: due tavole del Polittico di Pisa da analizzare.
Quali elementi di Masaccio riuscite ad individuare? Fate una lettura delle opere in ogni dettaglio basandovi su ciò che ci siamo raccontati insieme.
Come sono andati? Non lo so ancora. Aspetto i risultati e vi farò sapere 😉
***
Aggiornamento del 12 novembre. Ecco il compito!
Complimenti davvero cara collega.
Spero un giorno di diventare brava come te.
Grazie, Ada. Buon lavoro!
Lezione veramente geniale, complimenti!
Grazie 🙂
Un condensato di informazioni dispensate in maniera cristallina. Un vero piacere, grazie!
Grazie a te, Valeria.
Straordinario lavoro. Complimenti!
si conclude sempre con la voglia di vedere personalmente i capolavori citati. -interessantissimo-
Perfetto!
Semplicemente fantastica!! Sarebbe bello poterlo replicare anche da noi!!! I miei studenti rimarrebbero incantati…ti stimo tantissimo!
Grazie Emanuela! Tutto sommato non è troppo complicato. Possiamo pensarci 😉
Grazie moltissimo, come sempre un esempio di bravura e generosità
Grazie, Cristina
lezione stupenda! grazie mille Emanuela!
ps:sai che ci avevo pensato anche io di invitarti, ma non osavo chiedere…. ancora una volta dimostri una disponibilità e generosità senza pari!!!!!!)
Grazie carissima!
Correzione Tommaso di ser Cione è giusto? Ch
i sono i suoi grandi preferiti della storia dell’arte? Da Venturi aToescca a….Longhi.. che ne pensi di Hauser e della sua storia sociale?
Non ho mai avuto preferiti né tra gli artisti né tra gli storici dell’arte.
Hauser l’ho letto secoli fa, ma ricordo che mi sembrò interessante. Poi, dato che sono un architetto e non uno storico dell’arte, mi piace raccontarmela in modo un po’ personale 😉
Stupendo! Una lezione straordinaria sia per la chiarezza della spiegazione sia per gli stimoli a riconoscere le caratteristiche di questo pittore. Cerco, attraverso le sue lezioni, di colmare le mie numerosissime lacune, grazie per mettere a disposizione di tutti il suo sapere.
È un piacere enorme per me raccontare!
Sono pensionato da tre anni dopo quarant’anni d’insegnamento..ora faccio l’artista a tempo pieno.. i libri della zanichelli di Bersi, Ricci.. e altri mi hanno aiutato il tuo sito è un piacere per occhi e mente ti leggo sempre volentieri….. Malaccio di ser Cioè.. giusto? Si chiamava Tommaso ma la sua prestanza fisica lo chiamavano Malaccio…. la sua immagine che mi rapisce letteralmente è la Maddalena di Capodimonte una vampate di fuoco nella deposizione che vede un cristo con la testa incassata ad accentuare la drammaticità un saluto e auguri di buon lavoro marioraviele@libero.it
Stupenda! È proprio una delle due opere che ho lasciato come compito ai ragazzi.
straordinaria, quanto avrei voluto una docente come lei…
Grazie, Mauro 😀
Cara Emanuela, sei sempre straordinaria. Grazie per i tuoi articoli.
Grazie a te, Maria!
Che meraviglia… Bravissima Emanuela Pulvirenti. Complimenti!
Ti ringrazio, Claudio!