Lo sguardo di Medusa tra arte e leggenda
Trasforma in pietra chiunque la guardi negli occhi. E per guardarla ci vuole proprio coraggio dato che la sua testa pullula di serpenti guizzanti!
Parlo di Medusa, un mostro leggendario che da sempre trasmette fascino e repulsione contemporaneamente. Il suo mito è ammantato di paure ancestrali e la sua immagine è la somma di quanto più terrificante si possa immaginare.
Inizialmente, infatti, Medusa mostrava una grande bocca ghignante dalle zanne sporgenti, la grossa lingua ben in vista, gli occhi spalancati a mandorla e i capelli anguiformi (cioè a forma di serpente).
Nelle più antiche rappresentazioni (VIII sec. a.C.) il volto è frontale ma il resto del corpo, dotato di grandi ali, è visto di profilo mentre compie la tipica corsa in ginocchio (è il cosiddetto “tipo arcaico”).
Come tutti gli esseri mostruosi dell’antichità aveva un preciso scopo apotropaico cioè protettivo contro i malefici. Il principio era che “l’orrido scaccia l’orrido“. Dunque, in tutte le culture arcaiche, si trovano esseri in cui si assommano quanti più elementi terribili si possano immaginare.
Non è un caso che spesso il volto di Medusa era utilizzato sui tetti dei templi greci ed etruschi come antefissa in modo che, dall’alto della sua postazione lungo la linea di gronda, potesse controllare e proteggere l’edificio sacro.
Nell’arte greca, tuttavia, Medusa appare anche in altre manifestazioni artistiche. Si trova, ad esempio, dipinta sulle ceramiche sia sotto forma di volto isolato che nelle scene legate al mito che stava sorgendo per dare una personalità a questo mostro e una collocazione nell’universo narrativo greco.
Medusa, in breve (ma se volete qui trovate la storia completa), era una delle tre Gòrgoni, sorella di Steno ed Euriale. Deve il suo aspetto alla punizione di Atena e la sua fine alla mano di Perseo che riuscì a decapitarla protetto dallo scudo specchiante che proprio Atena gli aveva prestato.
E sul suo scudo Atena applicherà la testa mozzata di Medusa un po’ come trofeo, un po’ perché il potere pietrificante dello sguardo continuava a funzionare… davvero furba, Atena! Questo è il motivo per cui spesso il volto di Medusa è raffigurato dentro un tondo: è la rappresentazione dello scudo di Atena.
A partire dal V sec. a.C. il volto si addolcisce e il mostro acquista definitivamente delle fattezze femminili sebbene la testa sia sempre ricoperta di serpenti. Che l’ignoto autore si sia ispirato a sua suocera?
Ed è in questa versione umanizzata che la Gorgone si trasferisce nell’arte romana. Qui appare al centro di grandi mosaici pavimentali…
… rappresentata con Perseo in diversi affreschi pompeiani…
… e riprodotta sulle monete anche nella versione con le tre gambe della Triskeles (l’attuale simbolo della Regione Siciliana).
Come tutti i personaggi mitologici Medusa resterà in disparte per almeno mille anni aspettando che finisca il Medioevo. Con l’avvento del Cristianesimo, infatti, l’arte si sposta tutta sulla rappresentazione di immagini bibliche evitando accuratamente la riproposizione di soggetti pagani (si contano solo un paio di miniature con alcune scene del mito di Perseo).
La lunga attesa, però, sarà ricompensata attraverso un vero capolavoro: è quel Perseo con la testa di Medusa di Benvenuto Cellini (1554) realizzato in bronzo per la Loggia dei Lanzi di Firenze. Qui il volto della Gorgone è quasi dormiente, non c’è pathos. Come per il David che Michelangelo aveva realizzato cinquanta anni prima, il senso è l’affermazione della virtus, della forza morale dell’eroe sulla brutalità ferina del mostro, simboleggiante la cosiddetta hybris, la violenta superbia del mostro.
In realtà questa non è la prima apparizione di Medusa dell’arte moderna. Ci sarebbe almeno un precedente, quello di Baldassare Peruzzi sulla volta della Villa Farnesina a Roma del 1510, ma di certo non ha l’impatto della statua di Cellini.
Alla fine del XVI secolo, ed esattamente nel 1597, Annibale Carracci riprende il mito narrandone un momento successivo e cioè quando Perseo pietrifica Fineo e i suoi seguaci mostrando loro la testa di Medusa. Stavolta siamo a Palazzo Farnese, ancora a Roma.
Il 1597 va ricordato, però, per una ben più nota Medusa: quella che campeggia sullo scudo dipinto da Caravaggio ed oggi esposto agli Uffizi.
Qui sembra quasi tornare l’antico motivo apotropaico: la testa al centro dello scudo di Atena rende invincibile chi lo utilizza. Ma la sensibilità è tutta barocca: la bocca spalancata in un urlo di terrore, gli occhi sgranati e terribili, il sangue che fluisce copioso dal capo sgozzato e i serpenti sibilanti aggrovigliati tra loro. Una roba da film dell’orrore!!!
Ma sappiamo bene quanto a Caravaggio piacesse la crudezza della realtà. Lui proprio ci sguazzava…
Non c’è nessun tentativo di idealizzazione e non c’è neanche Perseo. La testa sta là agonizzante e ancora si chiede che diavolo sia successo!
Il Barocco sarà proprio l’epoca della Medusa protagonista. Nel 1618 il fiammingo Pieter Paul Rubens raffigura la testa gettata per terra con decine di serpenti e rettili vari che le si dimenano intorno.
Un’immagine davvero raccapricciante che ci svela anche un altro dettaglio della leggenda: ogni stilla di sangue che fosse caduta al suolo avrebbe generato un serpente, quella caduta in mare avrebbe dato vita ad un ramo di corallo.
A metà del XVII secolo è la volta di Gian Lorenzo Bernini e del suo busto scultoreo di Medusa.
Qui la Gorgone è colta prima della decapitazione, nel momento in cui si rende conto con angoscia che Perseo le ha posto davanti lo scudo riflettente di Atena facendola diventare vittima del suo stesso maleficio.
Per tornare ad immagini meno truculente occorre arrivare al 1800 in cerca di Antonio Canova: da buon neoclassicista ci mostra un bel Perseo trionfante col braccio steso in avanti a sostenere la testa della Gorgone.
Sembra richiamare il famoso precedente di Cellini ma l’eroe qui è più impettito, rigido e solenne rispetto all’esempio fiorentino. Il volto di Medusa, invece, somiglia molto alla cosiddetta “Medusa Rondanini” (440 a.C.) attribuita a Fidia (nella figura in basso a destra).
Verso la fine dell’Ottocento la percezione di Medusa cambierà radicalmente. I simbolisti ne sentirono il fascino fatale e la rappresentarono spesso con il volto frontale e un che di morboso nello sguardo.
Qui Eros e Thanatos, il richiamo carnale e il sacrificio umano, si fondono in un unico essere dall’aspetto conturbante.
Non si possono descrivere altrimenti la Medusa di Arnold Böcklin (1887), quella di Franz von Stuck (1892), Fernand Khnopff (1898) e Gustav Klimt (1902).
Negli anni a cavallo tra XIX e XX secolo Medusa conosce un momento di grande attenzione. Se volete vedere altri esempi scorrete la raccolta che ho fatto su Pinterest… sono davvero tanti!
Con le Avanguardie storiche c’è di nuovo una botta d’arresto. Come per l’iconografia delle Tre Grazie, dell’albero della vita o della torre di Babele, anche quella della Gorgone viene momentaneamente accantonata.
In tempi abbastanza recenti è stata riproposta come omaggio a Caravaggio dal pittore siciliano Renato Guttuso che ne ha dato una versione (1985) vivacemente policromatica!
Intanto anche un altro artista siciliano, Bruno Caruso, si è dedicato alla figura di Medusa con splendide illustrazioni e uno stupefacente mosaico.
Con il mito di Medusa si sono confrontati anche alcuni artisti esperti di anamorfosi creando delle illusioni prospettiche orizzontali e verticali.
Ai nostri tempi appartengono anche altre immagini meno “poetiche”… si tratta di alcuni casi di volti stilizzati della Gorgone utilizzati per dei marchi molto noti.
Non mancano neanche le citazioni fumettistiche. Da quella di Dylan Dog che mescola Davide e Golia di Caravaggio con il mito di Medusa alla fantastica Marge-Gorgone Simpson che pietrifica il povero Homer!
In questi percorsi iconografici mi capita che qualcuno lamenti l’aspetto un po’ prosaico delle opere contemporanee se confrontate con quelle dei secoli passati.
Sì, è vero. Sembra che la capacità di emozionare si sia un po’ spenta. A me piace pensare, invece, che i capolavori in corso non siano ancora stati scoperti… chi lo sa. Lo scopriremo solo tra qualche secolo!
Puoi parlare delle sirene?
Ne ho già scritto alcuni mesi fa: https://www.didatticarte.it/Blog/?p=11766
mi avete salvato
e da cosa?
Grazie, sei molto esauriente e centri sempre l’obiettivo
Grazie Laura 🙂
E’ un capolavoro la testa di Medusa in malachite di Damien Hirst, segno, per me, che l’ arte è ancora in cammino.
Straordinaria, anche nelle versioni in vetro e in oro. Dovrò aggiornare l’articolo, è stato scritto prima di questa nuova creazione.
“…Quando ho iniziato la mia attività, il dovere di rappresentare il nostro tempo era l’imperativo categorico d’ogni giovane scrittore. Pieno di buona volontà, cercavo d’immedesimarmi nell’energia spietata che muove la storia del nostro secolo, nelle sue vicende collettive e individuali. Cercavo di cogliere una sintonia tra il movimentato spettacolo del mondo, ora drammatico ora grottesco, e il ritmo interiore picaresco e avventuroso che mi spingeva a scrivere. Presto mi sono accorto che tra i fatti della vita che avrebbero dovuto essere la mia materia prima e l’agilità scattante e tagliente che volevo animasse la mia scrittura c’era un divario che mi costava sempre più sforzo superare. Forse stavo scoprendo solo allora la pesantezza, l’inerzia, l’opacità del mondo: qualità che s’attaccano subito alla scrittura, se non si trova il modo di sfuggirle. In certi momenti mi sembrava che il mondo stesse diventando tutto di pietra: una lenta pietrificazione più o meno avanzata a seconda delle persone e dei luoghi, ma che non risparmiava nessun aspetto della vita. Era come se nessuno potesse sfuggire allo sguardo inesorabile della Medusa. L’unico eroe capace di tagliare la testa della Medusa è Perseo, che vola coi sandali alati, Perseo che non rivolge il suo sguardo sul volto della Gorgone ma solo sulla sua immagine riflessa nello scudo di bronzo. Ecco che Perseo mi viene in soccorso anche in questo momento, mentre mi sentivo già catturare dalla morsa di pietra, come mi succede ogni volta che tento una rievocazione storico-autobiografica. Meglio lasciare che il mio discorso si componga con le immagini della mitologia. Per tagliare la testa di Medusa senza lasciarsi pietrificare, Perseo si sostiene su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole; e spinge il suo sguardo su ciò che può rivelarglisi solo in una visione indiretta, in un’immagine catturata da uno specchio. Subito sento la tentazione di trovare in questo mito un’allegoria del rapporto del poeta col mondo, una lezione del metodo da seguire scrivendo. Ma so che ogni interpretazione impoverisce il mito e lo soffoca: coi miti non bisogna aver fretta; è meglio lasciarli depositare nella memoria, fermarsi a meditare su ogni dettaglio, ragionarci sopra senza uscire dal loro linguaggio di immagini. La lezione che possiamo trarre da un mito sta nella letteralità del racconto, non in ciò che vi aggiungiamo noi dal di fuori. Il rapporto tra Perseo e la Gorgone è complesso: non finisce con la decapitazione del mostro. Dal sangue della Medusa nasce un cavallo alato, Pegaso; la pesantezza della pietra può essere rovesciata nel suo contrario; con un colpo di zoccolo sul Monte Elicona, Pegaso fa scaturire la fonte da cui bevono le Muse. In alcune versioni del mito, sarà Perseo a cavalcare il meraviglioso Pegaso caro alle Muse, nato dal sangue maledetto di Medusa. (Anche i sandali alati, d’altronde, provenivano dal mondo dei mostri: Perseo li aveva avuti dalle sorelle di Medusa, le Graie dall’unico occhio). Quanto alla testa mozzata, Perseo non l’abbandona ma la porta con sé, nascosta in un sacco; quando i nemici stanno per sopraffarlo, basta che egli la mostri sollevandola per la chioma di serpenti, e quella spoglia sanguinosa diventa un’arma invincibile nella mano dell’eroe: un’arma che egli usa solo in casi estremi e solo contro chi merita il castigo di diventare la statua di se stesso. Qui certo il mito vuol dirmi qualcosa, qualcosa che è implicito nelle immagini e che non si può spiegare altrimenti. Perseo riesce a padroneggiare quel volto tremendo tenendolo nascosto, come prima l’aveva vinto guardandolo nello specchio. E’ sempre in un rifiuto della visione diretta che sta la forza di Perseo, ma non in un rifiuto della realtà del mondo di mostri in cui gli è toccato di vivere, una realtà che egli porta con sé, che assume come proprio fardello. Sul rapporto tra Perseo e la Medusa possiamo apprendere qualcosa di più leggendo Ovidio nelle Metamorfosi. Perseo ha vinto una nuova battaglia, ha massacrato a colpi di spada un mostro marino, ha liberato Andromeda. E ora si accinge a fare quello che ognuno di noi farebbe dopo un lavoraccio del genere: va a lavarsi le mani. In questi casi il suo problema è dove posare la testa di Medusa. E qui Ovidio ha dei versi (Iv, 740-752) che mi paiono straordinari per spiegare quanta delicatezza d’animo sia necessaria per essere un Perseo, vincitore di mostri:
“Perché la ruvida sabbia non sciupi la testa anguicrinita (anguiferumque caput dura ne laedat harena), egli rende soffice il terreno con uno strato di foglie, vi stende sopra dei ramoscelli nati sott’acqua e vi depone la testa di Medusa a faccia in giù”.
Mi sembra che la leggerezza di cui Perseo è l’eroe non potrebbe essere meglio rappresentata che da questo gesto di rinfrescante gentilezza verso quell’essere mostruoso e tremendo ma anche in qualche modo deteriorabile, fragile. Ma la cosa più inaspettata è il miracolo che ne segue: i ramoscelli marini a contatto con la Medusa si trasformano in coralli, e le ninfe per adornarsi di coralli accorrono e avvicinano ramoscelli e alghe alla terribile testa. Anche questo incontro d’immagini, in cui la sottile grazia del corallo sfiora l’orrore feroce della Gorgone, è così carico di suggestioni che non vorrei sciuparlo tentando commenti o interpretazioni…”
Da “Lezioni americane – Leggerezza”, Italo Calvino
Una vera bibbia, quel libro, per me. La mia lezione preferita è Esattezza, soprattutto quando parla del suo contrario, il vago, e di come si necessaria la precisione per descrivere il vago.
Luigi Castagna. Ringrazio Costanza Costanzi per avere riproposto, nel piacevole excursus di Didatticarte, la figura, interessantissima e controversa, di Medusa, per il tema dei ritorni continui che sostengono il pensiero di Carl Gustav Jung sull’inconscio collettivo, “l’archetipo” della figura condivisa nei sogni di molti artisti, nel corso di epoche diverse e lontane, e poi rappresentata ed avvertita come forma di seduzione del mito.
Esaurienti molto ben spiegate anche con le bellissime immagini queste realtà del tempo. Grazie davvero.
Ti ringrazio, Irene!
Davvero ben fatto. complimenti.
Complimenti per il sito e per il suo contenuto! E’ utilissino a livello personale, per approfondire la propria cultura artistica e a livello didattico. Sono un insegnante di scuola primaria e quest’anno mi devo occupare di Arte e Immagine; penso che utilizzerò il materiale presente, innanzitutto per formarmi e poi per trovare degli spunti per il lavoro in classe (una classe quinta). Ottimo questo post sulla figura mitologica della Medusa, visto che in quinta si studiano sia la civiltà greca che quella romana. Leggendo l’ultima parte, quella sull’utilizzo nel mondo dei fumetti e dei disegni animati mi è venuto in mente un altro personaggio
https://it.wikipedia.org/wiki/Medusa_%28Marvel_Comics%29
Grazie Franco, ottimo contributo 🙂
che bel servizio complimenti avvicinate le persone all arte
Ti ringrazio Michele!
Grazie, come sempre ampia ed esaustiva l’escursione sul tema e soprattutto senza mai perdere l’efficacia della sintesi. Grazie !
Ti ringrazio tanto!
Non so veramente come esprimere la meraviglia e il piacere che ho nel leggere queste vere e proprie lezioni di storia dell’arte. Mi sembra sempre di stare a scuola, ho sempre avutp la fortuna di splendidi professori con l’amore per la loro materia, il che mi ha permesso di riceverlo anche io, questo amore, coltivato anche in casa con un professore d’arte e scultore come padre. Grazie dunque, per farmi sentire piacevolmente a cada ogni volta che leggo!
Che bello, Gea! Fa un gran piacere anche a me 😀
Grazie!!!
Grazie a te!
Non posso che elogiare questo exursus!
Sono un docente abilitato in storia dell’arte (TFA I ciclo a Enna) e quando ci fu chiesto di creare un modulo didattico su un tema ovviamente legato all’arte, ne feci uno dedicato a Medusa 🙂
Era il 2013… praticamente vedendo questo articolo ho ripercorso il mio modulo: abbiamo trattato l’argomento allo stesso modo e proponendo le stesse immagini 😀 comprese quelle di Dylan Dog, Versace e Mediaset.
Non è che hai avuto accesso ai file del mio computer? 😀
Ancora complimenti!
ciao!
Ciao Eugenio, grazie per l’apprezzamento e benvenuto!
Probabilmente le tue idee mi sono arrivate per via telepatica dato che insegno in provincia di Enna 😉
a saperlo potevamo fare un bell’incontro con te e tutto il gruppetto di colleghi di A061 del tfa 😀 mannaggia!
PS: Ti tengo d’occhio! Per affrontare il tema dell’anamorfosi mi sono documentato giorni prima e già che c’ero ho letto il tuo post a riguardo prima di entrare in classe 😀
grazie!
😀
Fantastico! La mia versione preferita è quella del Bernini: è stupefacente il modo in cui lavora il marmo in quest’ennesima prova di eleganza e verisimiglianza, definendo ogni curva delle spire.
Quanto alla presunta prosasticità delle opere contemporanee, penso che influisca molto sulla nostra percezione il senso di inferiorità etico ed estetico connaturato ad ogni generazione nei confronti delle precedenti (credo ne fossero totalmente immuni solo i Rinascimentali). Certo, la produzione seriale logora il valore dell’arte come siamo abituati ad intenderla, ma Montale sosteneva che, in una società massificata in cui tutto è melma indistinguibile, la poesia può sopravvivere se saprà vivere nel fango come un’anguilla che, ogni volta che ne emergerà, lancerà un bagliore. Credo che lo stesso si possa dire dell’arte: oggi è diversa (personalmente mi attrae poco), ma non significa che non possa produrre qualcosa di buono e che i posteri possano attribuirle più ispirazione di quanta non le venga riconosciuta oggi!
Mi hai tolto le parole di bocca, Cristina 🙂
Mi rendo conto che il luccichìo dell’anguilla è più visibile stando fuori dal fango… dobbiamo storicizzare quest’epoca per renderci conto di ciò che sta realmente producendo!
Ti ringrazio, come sempre, per le tue approfondite riflessioni <3
I tuoi post sono troppo interessanti, le riflessioni vengono da sé! 😀
ps. ho postato due commenti per sbaglio: avevo scritto il primo, ma la pagina si era chiusa e credevo non fosse stato registrato, così l’ho riscritto (senza ovviamente ricordare precisamente termini e frasi), e ora c’è un doppione! Scusa!
Sì, avevo immaginato il motivo del doppio. Ma dato che sono un po’ diversi li ho lasciati tutt’e due 😉
Excursus bellissimo come sempre, nel quale la modernità non risulta affatto incontrasto con le opere che appartengono già alla storia dell’arte: diceva Montale che in un’epoca in cui dominano la società di massa e la serialità l’unica possibilità per la poesia di sopravvivere è mutarsi in un prodotto prosastico, che, se la realtà è fangosa, per sopravvivere nella melma deve mutarsi in anguilla, un animale che riflette la luce del sole quando ha la possibilità di scivolare fuori dall’indistinto. Penso che lo stesso si possa dire dell’arte…e comunque ogni generazione avrà sempre la sensazione di non essere all’altezza delle precedenti nel rappresentare canoni etici ed estetici! Il riferimento all’anguilla (“serpentello”) mi è sembrato quasi naturale, un po’per il tuo riferimento alla prosasticità, un po’per il motivo dei capelli di Medusa.
Amo particolarmente la versione di Bernini, quella accuratissima lavorazione del marmo, le curve di ogni singolo serpente… mentre ho trovato molto macabra, ma anche più conforme di tutte le altre al mito, la Medusa di Rubens!
bello.
Grazie Susanna!