Doppia illusione: il quadro nel quadro

Stavo spulciando gli interni metafisici di Giorgio De Chirico, quelli dove biscotti e strumenti da disegno stanno ammassati al centro della stanza, quando ho notato che in tanti dipinti compaiono anche i quadri degli esterni: piazze e fabbriche con tanto di Arianna dormiente in primo piano.

Facendo una ricerca mirata ne ho trovati a decine! E non solo nella versione del quadro per terra, ma anche appeso alla parete in forma di finestra o sul cavalletto.

In verità non si tratta di dipinti realmente esistenti, ma sono comunque quadri nel quadro, dunque una doppia illusione. Se, infatti, il quadro è di per sé un universo metafisico, qualcosa che va oltre il reale, il quadro dentro il quadro è un vertiginoso tuffo nell’irreale al quadrato!
Come chiamare un dipinto del genere se non metaquadro? Esattamente come è metateatro i Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello.

Naturalmente il metaquadro non è una specialità esclusiva di De Chirico: René Magritte ne ha fatto una vera ossessione. Ma nel suo caso il gioco della tela nella tela è più sottile perché il quadro all’interno è un raffinatissimo gioco in bilico tra – scusate il bisticcio – la realtà rappresentata e la rappresentazione della realtà rappresentata…
Solo il bordo chiodato della tela e la sua eventuale continuazione oltre la veduta svela quello scarto. Uno scarto che è la quintessenza del Surrealismo.

Magritte

Di tipo differente è il metaquadro in Henri Matisse: i quadri dentro il quadro sono una sorta di autocitazione con cui il pittore rafforza l’espressione di se stesso. “Un pittore non esiste se non attraverso i suoi quadri”, amava dire. Ecco come si spiegano lo Studio rosso, lo Studio rosa o le nature morte in cui compare La dance.

Matisse

Insomma, per lui il metaquadro è un curriculum per immagini.

Paul Gauguin, invece, i suoi quadri li mette negli autoritratti. È il caso di Manao Tupapau e il Cristo giallo che compaiono dietro il suo volto. La loro immagine, tuttavia, risulta invertita perché il dipinto è realizzato con l’ausilio di uno specchio.

L’autoritratto, spesso triplo, con il pittore o la pittrice che raffigurano contemporaneamente se stessi, il proprio ritratto e lo specchio su cui si guardano, era già apparso molto tempo prima (già nei codici miniati medievali). In alcuni casi la persona raffigurata non è l’autore del dipinto totale e in altri resta solo l’autoritratto sul cavalletto, ma è pur sempre un metaquadro.

Così come sono metaquadri tutti i dipinti che raffigurano gli atelier degli artisti, un genere che compare già nel Seicento…

atelier

… e che avrà sempre grande fortuna, soprattutto nell’Ottocento.

ottocento

Ma la vera apoteosi del metaquadro è costituita dalle gallerie immaginarie di Giovanni Pannini di metà Settecento, veri e proprio musei con un campionario completo di tutte le antichità romane.

Pannini

Eppure non tutti i pittori ci tengono a mostrare il loro dipinto. Come Rembrandt e Velazquez.

Rembrandt

Velazquez

Possiamo considerare metaquadri anche quelli che non si vedono? Direi di sì, dopo tutto anche il retro del dipinto ha un sua importanza nella storia dell’arte.

Anzi, se il quadro non si vede l’illusione si complica: cosa starà dipingendo l’artista? Esiste un’immagine dietro l’immagine? È un vero corto circuito metafisico! E così siamo ritornati al punto di partenza, agli enigmi di De Chirico e agli straniamenti di Magritte. Forse perché l’arte contemporanea ha fatto proprio questo: portare a galla ed esasperare ciò che nella storia dell’arte si era manifestato in modo fugace, discreto. Come l’assurdo di un quadro nel quadro.

 

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16 risposte

  1. Antonietta ha detto:

    Ti seguo con passione! Buone vacanze

  2. Davide ha detto:

    Ci lasciamo trasportare in universi dove il tempo scorre seguendo una logica diversa dalla nostra realtà, dove le leggi fisiche che conosciamo subiscono sconvolgimenti incomprensibili, dove i suoni sembrano cristallizzati o assenti. La Metafisica, il Surrealismo, aprono squarci in dimensioni parallele tutte da esplorare.

  3. Elisa Santambrogio ha detto:

    Uauuu
    Per non parlare degli specchi negli specchi in fotografia!
    Ciao Emanuela, e … come sempre GRAZIE.
    Elisa

  4. Luisa ha detto:

    Sempre affascinante il mondo metafisico di De Chirico e quello surreale di Magritte…anche i miei alunni ne rimangono incantati, infatti spopolano nelle loro mappe per il colloquio finale anche di quest’anno. Ottimo approfondimento, lo giro all’attenzione dei miei ragazzi, un contributo prezioso.
    Grazie, Emanuela.

  5. concetta fuschi ha detto:

    La chiamerei confidenzialmente Emanuela, è tanti anni che la seguo, per dirLe che quest’ultimo post è interessantissimo. Lo riporterò nelle mie aule a settembre, insieme al libro di testo Artemondo

  6. Mi hai riportata alla mia tesina di Maturità, nella quale avevo collegato Magritte proprio a Pirandello, affrontando il problema del rapporto fra realtà e rappresentazione della realtà, con tutti gli interrogativi, i dubbi e i misteri che nascono quando, per dirla alla maniera dell’autore siciliano, si apre “uno strappo nel cielo di carta”. Lo trovo sempre un tema affascinante, un dilemma privo di soluzione, e in questo tuo percorso, arricchito dell’excursus nel tempo, hai giustamente evidenziato le diverse intenzioni di un Pannini rispetto al pittore belga. Gran bel post, anzi, è uno dei migliori che abbia letto qui. Grazie! 🙂

  7. Antonino Bertolino ha detto:

    Dottoressa le rinnovo i miei complimenti per il suo blog che seguo con interesse.
    volevo solo aggiungere che nella tela “Las Meninas”, Velazquez dipinge sullo sfondo due tele, che i critici hanno identificato quali opere di Tiziano. In questo caso il quadro nel quadro è anche un omaggio, un riconoscimento ad altri pittori amati.

  8. Mimmo ha detto:

    Molto molto interessante, non ci avevo mai pensato, grazie!!!