L’eleganza del letto sfatto
Ebbene sì, lo confesso: non ho mai rifatto il letto in vita mia.
La vista di un letto sfatto, mio o altrui, non mi disturba. Anzi mi piace: evoca storie, sonni, sogni. Quella massa di pieghe, quel panneggio involontario, è il racconto delle nostre notti.
Rifare il letto significa cancellare artificialmente tutto questo, spianare un paesaggio denso di umori e di amori.
Lo so che molti di voi stanno inorridendo. Ma a me un letto rifatto non dice nulla. Sta là silenzioso, simbolo di ordine e pulizia. Più adatto a una rivista di arredamento che a una raffigurazione artistica.
Non è un caso che il primo dipinto che abbia per protagonista assoluto un letto sfatto risalga al Romanticismo. È nel primo Ottocento, infatti, che comincia ad avere dignità artistica tutto ciò che non è bello ma che racconta emozioni.
Ed è ancora più sorprendente scoprire che è opera di Eugène Delacroix (1828), lo stesso autore della Libertà che guida il popolo.
Ve lo avevo già mostrato a proposito dei dormienti nell’arte, ma qui assume un significato molto più intenso. È una scena di genere senza persone, una natura morta ma anche un interno domestico. È proprio un tema nuovo.
Lo riprende pochi anni dopo il tedesco Adolph Menzel (1845) con un disegno a matita che è più di un semplice esercizio di copia dal vero. È il suo letto, con le sue coperte forse ancora calde di sonno. È lo spazio più intimo della casa, forse più del bagno e del guardaroba.
Del 1904 è un quadro impressionista dell’americano John Singer Sargent che ritrae il pittore Ambrogio Raffele intento a dipingere un paesaggio nella sua camera d’hotel, sulle Alpi. Metà dell’opera, però, è dedicata al disordine del letto: sulle lenzuola spiegazzate sono posati un cappello, un bozzetto e una giacca azzurra. Eppure non dà un senso di trascuratezza ma di luminosa freschezza.
Qualche anno dopo è il turno di una pittrice, l’americana Elizabeth Vaughan Okie Paxton con il suo dipinto dedicato al vassoio della colazione (1910). La piccola natura morta posata sulla sedia divide la tela con un soffice letto disfatto. La vestaglia rosa e le scarpette nere ci fanno immaginare una donna elegante e sensuale che si è appena alzata dal letto lasciando sul cuscino l’impronta della testa.
Ma questi sono ormai scampoli dell’Ottocento. Il letto sfatto del Novecento è un letto vero, impudico, intriso di vita vissuta.
È il letto di Robert Rauschenberg del 1955. Un combine, un quadro creato con lenzuola, trapunta e cuscino fissati a un supporto di legno e parzialmente coperti di vernice. Si dice che abbia usato la sua vera biancheria da letto, non avendo soldi per acquistare la tela.
Il risultato è un’opera espressionista e spudorata, forse un omaggio alla storia d’amore ch’era nata da poco con Jasper Johns, un altro grande artista di quegli anni. Un diario di arte e di vita scritto in codice, dunque.
Di due anni dopo è un suggestivo scatto della fotografa statunitense Imogen Cunningham (1957). In questo caso è solo una porzione del letto sfatto, ma riempita di vita dalle forcine per capelli posate in primo piano.
Ancora più vero è il letto di Tracey Emin.
«Nel 1998 mi lasciai con il mio compagno e trascorsi quattro giorni a letto, a dormire, in uno stato di semi-incoscienza. Quando mi svegliai, mi alzai e vidi tutto il caos che si era ammassato dentro e fuori le lenzuola», racconta l’artista.
Un letto sporco con biancheria intima usata, vestiti appallottolati, bottiglie vuote di vodka, mozziconi di sigaretta, vecchie polaroid, preservativi usati e una confezione di pillole anticoncezionali era tutto ciò che restava della sua vita sentimentale.
Quel letto allora, lasciato esattamente in quelle condizioni, è diventato un’installazione. Un racconto intimo nel quale forse possiamo riconoscerci tutti.
Naturalmente non mancano decine di dipinti ad olio su tela dedicati al letto sfatto. È un soggetto molto ghiotto in tempi di iperrealismo del quotidiano.
E poi fotografie. Tantissime. Ognuna con una storia dietro.
Rigorosamente in bianco e nero, per accentuare il chiaroscuro delle lenzuola.
Quotidiani, persino banali, ma commoventi nel loro silenzio stropicciato.
Allora voglio lasciare un consiglio ai più giovani: la prossima volta che i vostri genitori vi impongono di rifare il letto potete rispondere “Non si rovina un’opera d’arte!”.
Emanuela, non solo fai pensare e lo fai con la leggerezza di chi sa davvero ciò di cui scrive… ma si sente che ami il tuo lavoro e ci insegni a guardare il mondo anche fra le pieghe della biancheria! Ti ringrazio tanto e ti auguro ogni bene anche per i giorni di festa che arrivano. Che il nuovo anno ci porti sempre le tue “perle” in mezzo a tanta spazzatura, e l’anno dopo, e ancora…. un abbraccio
Ti ringrazio tanto Eliana e ricambio gli auguri di cuore.
A mio avviso, e riagganciandomi un po’ a quanto espresso da Nadia (le cui idee condivido appieno), il letto sfatto sarà pure originale ed ogni giorno diverso, ma non è da mostrare a terzi… non ne vedo la ragione.
Immancabili i complimenti per l’articolo, che offre all’attenzione una serie di riflessioni su un tema davvero inconsueto, per non dire impensabile.
Infatti il mio letto sfatto me lo godo da sola, non è aperto al pubblico 🙂
Bello: l’articolo, e bella la collezione di letti sfatti. Che uno via l’altro alla fine si somigliano tutti. Ma non è un male, no? Quello che è umano ci unisce. Grazie come sempre. Albr.
bellissimo articolo pieno di verità,coinvolgente perché riguarda tutti noi,ma solo gli artisti sanno esprimere. Ho visto a Londra alcune opere di Lucien Fraud, indimenticabili ,dove i letti sfatti erano lì, a rappresentare una solitudine e un angoscia universale. E sopratutto molto familiare !
Interessante. Soprattutto perché tutte le opere hanno lenzuola bianche, o che sembrano bianche o comunque in tinta unita. Niente righine, fiorellini o altro. Perciò non ho individuato il mio letto fra questi. Mi vien da pensare che abbia un significato o forse le lenzuola fantasia sono troppo recenti o… non saprei. Mi piacciono queste tue lezioni su un dettaglio o su un soggetto particolare. Grazie come sempre!
🙂
Storie intime di pieghe !
Complimenti !!!
Non ci avevo mai pensato per abitudine, da bambino mi hanno insegnato a rifarmi il letto come prima cosa e cosi’ ho continuato fino ad oggi. E’ fantastico l’articolo e le opere. Da domani letto sfatto!
Ah ah ah… non volevo dare il cattivo esempio 😉
Ma grazie per l’apprezzamento!
Impressionatamente…sgomenta!
Sei fantastica .
😀
A contrasto con questi letti sfatti il simbolico lenzuolo teso di Pubertà di Munch fa ancora più impressione. Ciao Emanuela!
È vero! A presto Silvia 🙂
Bellissimo!!!
Ma come fai…? Sei magica… Apri sempre nuove immagini, visioni e orizzonti!
Grazie.
Enrica
Grazie carissima!
Un letto sfatto per un pittore è una scuola avanzata di tecnica superiore di drappeggio. C’è un bellissimo brano di Aldous Huxley, “Le porte della Percezione” in cui lo scrittore descrive l’esperienza che – secondo lui – un pittore vive mentre dipinge panneggi, ti è capitato di leggere quel libro?
L’ho letto ai tempi dell’università ma non ricordo quel passaggio. Devo cercarlo 😉
Ciao. Bella passeggiata fra letti disfatti… mi son tornati in mente, un po’ algidi ed inquietanti, i letti di Domenico Gnoli. 🙂
Molto belli, con piccole imperfezioni che li rendono vivi.
Raccontato così.. Non avrò più rimorsi per non aver “sistemato” il letto come mamma mi aveva insegnato… Grazie!
Mai più sensi di colpa! 😀
Curioso e divertente questo nuovo filo conduttore! Il mio lettosfattopreferito rimane comunque questo, di Girolamo Induno: https://pinacotecabrera.org/collezione-online/opere/triste-presentimento/
Grazie Veronica.
Bello! Sembra che abbia tra le mani uno smartphone.
Grazie per l’ennesima volta dei suoi articoli sempre interessanti e stimolanti. In questo caso poi un grazie speciale per la simpatia, perché mi ha dato uno spunto per ‘nobilitare’ il mio cronico disordine di cui fa parte anche ….il letto sfatto
Tutti assolti 😉
Grazie a te Danila.
Indispensabile fonte di riflessione ed ispirazione. Grazie! Sono ormai una Pulvirentidipendente
Ah ah ah… grazie!
Bello!! Leggo e rimango in attesa di farmi stupire dal suo prossimo lavoro . GRAZIE
🙂
Bellissimo post, come sempre sai insegnare raccontando e appassionando. Grazie.
Grazie a te, Rossella!
Articolo molto interessante.
A me il letto sfatto non è mai piaciuto. Mi sembra qualcosa di già vissuto, di molto intimo, che indica un fatto che si è già svolto, al quale non ho partecipato e di cui mi sento un’intrusa, una voyeur. Al contrario mi piace il letto rifatto, nuovo, steso, pulito, perché mi sembra un campo delle possibilità. E tra quelle possibilità ci potrebbe essere anche la mia. Quindi mi coinvolge più un letto immacolato che un letto sfatto.
Ma questo articolo mi è piaciuto molto perché non conoscevo l’ampia iconografia del letto sfatto. Conoscevo solo ‘Bed’ di Rauschenberg, celeberrimo, che grazie a questo articolo ho capito molto di più (non sapevo della storia con Jasper Johns). Sono entrata in un’altra dimensione, quella di chi ama i letti sfatti e sente il bisogno di comunicarli e condividerli. L’arte permette anche questo: apprezzare punti di vista che non ti appartengono e forse non ti apparterranno mai.
Ne sono felice, Nadia!