Un arco a quattro facce, il tetrapylon romano
Quando pensiamo all’architettura romana vengono sempre in mente opere come il Colosseo o il Pantheon, strutture colossali e ardite che manifestano la grande originalità progettuale dei Romani e le profonde conoscenze ingegneristiche.
Ma i Romani sapevano essere innovatori anche nei monumenti di dimensioni minori, fino al più piccolo dettaglio. Un esempio di questa straordinaria capacità è il tetrapylon, una porta quadrifronte che nasce dalla fusione di due archi di trionfo perpendicolari, spesso collocata all’incrocio di due strade principali.
Tra gli esemplari più completi (grazie a un’accurata ricostruzione) c’è quello di Settimio Severo a Leptis Magna (città natale dell’imperatore), in Libia, innalzato nel 203 d.C. Già ad una prima occhiata si possono cogliere alcuni elementi insoliti che creano un insieme fantasioso: le colonne corinzie libere che reggono una trabeazione spezzata molto inclinata, le lesene angolari con motivi in rilievo a tralci di vite, il fregio continuo sull’attico.
La pianta, ovviamente, è quadrata e misura circa 14 metri di lato. All’interno, invece, è inserita una cupola su pennacchi (altra soluzione rara per l’architettura romana) decorati con aquile.
Queste “anomalie”, abbastanza frequenti nell’architettura delle province, sono ancora più evidenti se si confronta il tetrapylon di Leptis Magna con il coevo Arco di Settimio Severo nel Foro Romano.
Anche qui si trovano le colonne libere (cioè non appoggiate alla facciata) su piedistalli, scelta che da un lato le svincola dal ruolo portante – ad eccezione della cornice superiore – dall’altro aumenta l’effetto chiaroscurale dell’insieme conferendo grande plasticità al monumento. Tutto il resto, però, segue regole compositive già sviluppate in precedenza.
A cosa si deve questa differenza? Senz’altro al confluire di influenze diverse da vari luoghi dell’impero: dalle esperienze ellenistiche delle zone orientali, tendenti alla scenografia e al dinamismo, alle tradizioni locali delle maestranze africane, più vicine al filone della cosiddetta “scultura plebea”.
Vediamone un altro. Questo è il tetrapylon di Marco Aurelio a Tripoli. Risalente al 165 d.C., è giunto mutilo di molte parti. Doveva avere, almeno sui due fronti principali, una coppia di colonne ad inquadrare l’arco e sicuramente un attico a contenere la cupola. È rimasta solo la struttura principale, forse perché nei secoli l’arco è stato riutilizzato per altri scopi, come dimostra una cartolina in bianco e nero del 1912.
A Tebessa, in Algeria, sorge l’Arco di Caracalla (figlio di Settimio Severo), un tetrapylon realizzato tra il 211 e il 214 e integrato successivamente nelle mura bizantine con funzione di porta. La scelta di affiancare l’arco con coppie di colonne libere dal prospetto dà alla costruzione un aspetto davvero maestoso.
Restiamo ancora in nord Africa, a Lambaesis, in Numidia, sede di una fortezza legionaria. Qui rimane ancora un antico edificio quadrifronte del III secolo, erroneamente indicato come Pretorio (cioè la residenza del generale). In realtà era il vestibolo del quartier generale; tuttavia la sua conformazione con quattro facciate ad arco di trionfo a tre fòrnici (anche se due ne presentano 4) consente di considerarla una versione gigantesca di tetrapylon.
Spostiamoci adesso nel vicino Oriente, per la precisione in Giordania. Qui, tra le straordinarie rovine di Gerasa, è rimasto anche il tetrapylon nord (180 d.C.) lungo il cardo maximus, all’incrocio con i decumano settentrionale (di quello sud resta solo la base). Stavolta si tratta di un monumento compatto, con una diversa composizione dei fronti: lungo il cardo presenta i classici timpani triangolari, mentre lungo il decumano il timpano è curvo (elemento poco usato in madrepatria).
Un caso a parte è il tetrapylon di Afrodisia, città della Caria, in Turchia. Edificato intorno al 200 d.C. come porta della città, ha due fronti principali separati da un passaggio trasversale. Si tratta di un monumento sfarzoso e originale costituito da sedici colonne e due frontoni differenti. Quello orientale è un timpano intersecato da un arco, mentre quello occidentale è spezzato e completato con un arco su un piano retrostante. Ricche decorazioni incrostano tutte le superfici.
Fa parte della famiglia dei tetrapyla anche il tetrakionion, un monumento in cui i quattro elementi angolari non sono più uniti tra loro, neanche da un timpano. Il più celebre era quello di Palmira, in Siria: un insieme di quattro gruppi formati a loro volta da quattro colonne.
Ho scritto “era” perché purtroppo nel 2017 è stato distrutto dai guerriglieri dello Stato Islamico, come dimostrano queste riprese satellitari.
Resta poco anche del tetrapylon di età costantiniana dell’antica Carnuntum, in Austria. Noto come Heidentor, venne distrutto dagli Ungari durante il Medioevo. Si è conservato un solo prospetto, fortemente danneggiato. Tuttavia, grazie a una semplice lastra trasparente collocata davanti al monumento, su cui è disegnata la struttura nelle sue forme originarie, è possibile immaginare il tetrapylon completo traguardandolo nella giusta direzione (ma occorre chiudere un occhio, altrimenti l’effetto non funziona…).
Naturalmente esistono alcuni esemplari di tetrapylon anche in Italia. Uno di questi è chiamato Arco di Giano e si trova a Roma, presso il Velabro. Realizzato all’inizio del IV secolo è un massiccio monumento alto 12 metri e largo 16. Le facciate sono scandite da nicchie che in origine dovevano ospitare delle statue. Le edicole attorno alle nicchie sono andate perdute, così come l’attico e la copertura, forse a cuspide. In questo caso l’interno, utilizzato sin dall’inizio dai mercanti, è coperto con una volta a crociera in calcestruzzo.
Meno riconoscibile è l’Arco di Malborghetto, nella periferia romana. Il tetrapylon, infatti, è inglobato in un casale e solo la differenza di materiali e giaciture consente di leggere le forme originarie. Quando è stato edificato, nella prima metà del IV secolo, l’arco si trovava all’incrocio tra la via Flaminia e la via Veientana ma in età medievale venne chiuso e adibito a chiesa, mentre l’asse viario fu deviato fuori dall’edificio.
Mancano del tutto il rivestimento in marmo e le colonne (poste forse solo su due lati, come è possibile osservare in alcune ricostruzioni grafiche). Resta invece, dentro l’edificio, la volta a crociera che chiudeva il tetrapylon al centro.
A Verona sorge invece l’Arco dei Gavi, un monumento onorario del I secolo d.C. che più che un tetrapylon è un arco di trionfo con un passaggio trasversale, vista la notevole differenza di ampiezza tra i fronti maggiori e quelli laterali.
Ci sarebbe ancora qualche altro esempio, ma si tratta di strutture simili a quelle già viste o fortemente frammentarie. D’altronde, come sempre, non mi interessa trattare l’argomento in modo enciclopedico ma fare piccole scoperte e superare gli stereotipi. Come quello di considerare un fenomeno minore l’architettura romana delle province.
E invece non è così: si tratta di un filone straordinario per l’inventiva, per l’audacia, per l’eleganza di ogni dettaglio. E soprattutto per quella speciale magia che nasce quando culture diverse si incontrano e si fondono.
Siamo abituati a pensare ai “romani” (intesi come cultura romana) concentrati su Roma.
In realtà la vastità dell’impero geografica e temporale ha fatto si che nei vari periodi storici “Roma” fosse anche dove non siamo abituati a pensarla. Per lungo tempo il Nordafrica, per esempio, è stato “Roma”. Settimio Severo, l’imperatore romano, nasce in Libia, come molti alti grandi personaggi che siamo abituati a pensare italiani in quanto “romani” ma che hanno origini nordafricane. E ci sono stati anche periodi in cui Roma (la città) era periferia.
E questo emerge anche dall’arte e dalla architettura come hai evidenziato tu.
Grazie
La conoscenza è importante per superare gli stereotipi e le semplificazioni. Grazie a te per questa riflessione, Andrea.
Una bella carrellata di arte! Grazie per questa meraviglia! Comunque sia….Roma è Roma 🙂
È un concetto che vorrei smontare… ma grazie per l’apprezzamento.
Bravissima. Sempre stimolante e capace di uno sguardo nuovo.
Grazie, Edoardo!
Molto interessante
Concordo!
Chiaro e ordinato, come sempre. E, come sempre, ricco di contenuti in gran parte a me sconosciuti. Mi rimane la curiosità di sapere se la forma di questa architettura abbia avuto degli sviluppi in epoca successiva, oltre alcune note a partire da Parigi.
Grazie per l’apprezzamento, Ugo.
Non mi risulta che il tetrapylon sia stato riproposto in epoche successive, tuttavia alcuni esemplari sono stati trasformati in edifici sacri a pianta centrale e potrebbero, dunque, costituire l’inizio della tradizione della cupola impostata su quattro piloni perimetrali. Ma questa è solo una mia ipotesi.