Come vediamo il mondo intorno a noi?

Guardare e vedere. Ho già parlato della differenza tra questi due atti. Guardare è ricevere passivamente uno stimolo visivo, è una sorta di azione involontaria, mentre vedere è un atto che implica la volontà di conoscere, di capire, di indagare la realtà che ci circonda.

A vedere si impara: per osservare, infatti, è importante disegnare e, in particolare, copiare. È così che percepiamo proporzioni, dettagli, ritmi che altrimenti passerebbero inosservati.

Tuttavia anche il semplice guardare è un momento attivo, un processo “creativo” se vogliamo. Sì perché il nostro cervello non registra tutto ciò che percepisce ma individua, seleziona, riconosce, anche a nostra insaputa…

Il nostro occhio non è una macchina fotografica (lo è solo per quanto riguarda la parte, per così dire, “meccanica”), dunque non registra fedelmente ciò che gli appare davanti.

Le nostre basi culturali, i nostri interessi e le nostre aspettative ci portano a percepire selettivamente la realtà (“vediamo ciò che vogliamo vedere” ho già scritto a proposito delle pareidolie). Il nostro occhio compie involontariamente dei piccoli movimenti di “scansione” della scena, detti saccadi, focalizzando alcuni elementi più di altri. Questa scansione è diversa per ogni individuo.

Ecco cosa ha registrato lo psicologo russo Alfred Yarbus con sensori posti presso l’occhio dell’osservatore.

Nella visione di un volto, ad esempio, l’attenzione si concentra maggiormente sui tratti essenziali, occhi e bocca soprattutto.

Perché? Il motivo è semplice e riguarda il risparmio di energie mentali. Se di ogni scena dovessimo recepire ogni singolo particolare saremmo presto saturi di informazioni visive, la maggior parte delle quali inutili ai nostri scopi vitali. Dunque il nostro cervello è programmato per individuare e raccogliere il “succo”, le parti fondamentali di un’immagine.

Dopo aver fatto questa selezione (che sarà diversa per ogni individuo) facciamo anche delle valutazioni qualitative su ciò che percepiamo. Attribuiamo un colore, una dimensione, una forma.

Ma, anche in questo caso, si tratta di valutazioni non assolute ma relative. Abbiamo bisogno di comparare le parti del campo visivo per stabilirne le caratteristiche. Una cosa, dunque, sarà scura perché ce n’è una più chiara. Come ho scritto nel post sugli opposti, tendiamo a definire ogni cosa per contrapposizione rispetto ad un’altra contraria o comunque diversa.

La tabella di Bartleson-Breneman dimostra, ad esempio, come la luminosità dello sfondo modifichi la percezione della luminosità dei riquadri (che, invece, sono uguali in ogni riga): uno sfondo scuro sposta tutti i valori di grigio verso il bianco comprimendo le reali differenze di luminanza; al contrario, uno sfondo chiaro sposta tutti i valori verso il nero enfatizzando il reale contrasto. La cosa appare evidente nel confronto con un fondo uniforme.

Ciò che appare nel campo visivo è, dunque, percepito come un insieme di relazioni dove ogni cosa assume un senso in rapporto alle altre.

Per dirla con Gyorgy Kepes: ” Non può esistere né una qualità assoluta di colore, chiarezza, saturazione, né una misura assoluta di grandezza, lunghezza, forma in campo ottico, perché ogni unità visiva acquista il suo unico modo di apparire attraverso un’interrelazione dinamica con l’ambiente ottico che la circonda”.

Osservate i quadratini rossi: la relazione con lo sfondo ne altera la percezione cromatica ma vi giuro che sono dello stesso colore! E vi confesso che per convincermene ho fatto la prova con il contagocce di Photoshop…

Questo fenomeno è conosciuto come contrasto simultaneo: alcune coppie di colori riescono ad enfatizzarsi a vicenda molto più che a fianco di qualsiasi altro colore.

Sto parlando dei colori complementari, tinte che si trovano in posizioni diametralmente opposte sul cerchio cromatico e che, se mescolate nella sintesi sottrattiva, danno il nero.

L’abbinamento dei complementari è stato ampiamente sfruttato dai pittori del Novecento per “accendere” i loro quadri. I Fauves, in particolare, ne hanno fatto un vero abuso… D’altra parte se erano stati definiti “belve” (in francese fauves) era proprio per la violenza delle loro scelte cromatiche.

Ecco qualche esempio di Matisse: azzurro e arancione ne “La danza” (1910), rosso e verde in “Pesci rossi” (1911), viola e giallo in “Finestra blu” (1911).

Il confronto con il contesto, come ho detto prima, non riguarda solo il colore ma tutta la scena percepita.

La “configurazione” di tale scena non è una semplice giustapposizione di parti indipendenti poiché, come afferma Rudolf Arnheim in “Arte e percezione visiva” facendo riferimento alle leggi della Gestalt, il tutto è più della somma delle singole parti.

In base alla configurazione (l’insieme strutturato delle varie parti, detto pattern) siamo in grado, addirittura, di vedere anche ciò che non c’è!

Ma vediamo di analizzare una per una le leggi che regolano la percezione visiva elaborate negli anni Venti da Max Wertheimer (il padre della psicologia gestaltica). Si tratta di sei regole che spiegano i meccanismi con i quali il nostro cervello raggruppa, semplifica e ricrea gli elementi del “pattern”.

1. Legge della vicinanza – Le parti di un insieme percettivo tendono ad essere raccolte in unità se, a parità di altre condizioni, sono poste alla distanza minima. Nell’immagine qui sotto, ad esempio, vedremo inevitabilmente coppie di linee parallele e file di puntini allineati in verticale. Difficile affermare che le coppie di parallele sono quelle che contengono lo spazio più largo o che i puntini sono organizzati per gruppi di quattro in righe orizzontali…

2. Legge della somiglianza – Di fronte a una moltitudine di elementi diversi, vengono raccolti in gruppo e percepiti come unità, gli elementi fra loro simili per forma, dimensioni, colore, orientamento, chiarezza o spessore,  a parità di altre condizioni.

3. Legge della chiusura –  Le linee delimitanti una superficie chiusa si percepiscono come unità più facilmente di quelle che non si chiudono, a parità di altre condizioni. La figura chiusa è così potente dal punto di vista percettivo che riesce a superare la forza di raggruppamento dovuta ad altre condizioni (nel caso della figura qui sotto, è più forte della vicinanza).

4. Legge del destino comune –  Quelle parti di una figura che formano una “curva buona” o hanno un “destino comune” (continuità di direzione) si costituiscono in unità più facilmente delle altre. Il sistema visivo sembra funzionare in modo che un segmento rettilineo tenda ad evitare bruschi cambiamenti di direzione e pertanto, ad un incrocio con altri segmenti, si unifichi di preferenza con quello che continua nella medesima direzione.

Nella figura qui sotto, dunque, vediamo inevitabilmente un unico segmento che passa più volte sotto delle fasce bianche. Nella figura a destra leggiamo immediatamente la sovrapposizione di un cerchio e un quadrato: ci risulta impossibile pensare istintivamente che si tratti di figure irregolari accostate!

5. Legge della pregnanza – L’oggetto della percezione tende sempre verso una “soluzione semplificata”, quella più vicina alle nostre capacità conoscitive. Per ottenere ciò siamo portati ad eliminare ogni piccola ambiguità attraverso l’aumento di simmetria, l’omissione di particolari insignificanti, l’eliminazione dell’obliquità.

Perché il nostro occhio possa apprezzare una asimmetria, quindi, questa deve essere molto evidente altrimenti tendiamo ad annullarla come avviene per le figure a sinistra.

6. Legge dell’esperienza –  La riconoscibilità di segni o di oggetti sussiste solamente se l’osservatore conosca già, per sua precedente esperienza, quel segno o quell’oggetto. Arnheim afferma che “l’esperienza del momento presente non è mai isolata; essa non è che la più recente in mezzo ad un numero infinito di esperienze sensoriali che hanno avuto luogo lungo tutta la vita passata dell’individuo: in questo modo la nuova immagine viene a contatto con le tracce amnesiche di forme che sono state percepite nel passato”.

Ecco perché riconosciamo un triangolo o una croce anche se sono del tutto assenti dall’immagine!

Queste sei leggi ci spiegano come funziona la selezione e la riorganizzazione della realtà percepita. Naturalmente ci sono casi in cui la configurazione presenta delle ambiguità tali da mandare in tilt il nostro cervello. Un classico di questo fenomeno è l’interscambiabilità figura-sfondo.

Nella celebre immagine dei due visi di profilo ci risulta impossibile percepire contemporaneamente i volti e il vaso. Dobbiamo scegliere qual è la figura e qual è lo sfondo. Possiamo anche concentrarci prima sull’una e poi sull’altro ma non allo stesso momento. Stessa cosa per il volto di donna/sassofonista o la giovane fanciulla/vecchia strega.

Salvador Dalì è stato uno dei primi a dare dignità artistica a queste illusioni ottiche.

Octavio Ocampo ne ha fatto addirittura il centro di tutta la sua produzione pittorica.

Quadri davvero stupefacenti. D’altra parte, come sostiene Oscar Wilde, “Nessun grande artista vede mai le cose come veramente sono. Altrimenti non sarebbe più un artista”.

Noi ci accontentiamo di vedere le cose come ce le passa il nostro cervello!

 

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26 risposte

  1. Marino Calesini ha detto:

    Molto interessante grazie

  2. Antonello ha detto:

    Un bellissimo articolo, complimenti alla Sig.ra Pulvirenti e a Didatticarte.

  3. Gianfranco ha detto:

    Tutto merito di quell’Angelo di Savelli che mi ha spinto a vincere una naturale riservatezza e a scrivere il primissimo commento.

  4. Gianfranco ha detto:

    Edoardo Landi (Gruppo N) – Struttura Visuale 61 – 1973
    Tecnica: filo elastico e acrilico su tavola
    http://www.galleriaincontro.it/images/flambitem/resized/101-200/landi_struttura_visuale_60x60_1966-143-1920-1080-95.jpg
    …eppure quei piccoli cerchi bianchi (o quadrati?) di dimensioni diverse…
    Brava come sempre. Smetterò di scriverlo per non sembrare ridondante, ma dallo sempre per sottinteso.

  5. Annalisa Riva ha detto:

    Molto interessante, grazie! Mi serve proprio ora per alcuni approfondimenti. Citerò il tuo link perchè è utile e chiaro!!!! Ancora grazie!!!!

  6. Salvo ha detto:

    Tutto molto chiaro. Aggiungerei qualche riferimento biblio-webgrafico.

  7. Alberto ha detto:

    Molto utile anche per gli addetti al settore 🙂

  8. Fabrizio ha detto:

    Brava, pedagogica ed utile come sempre. Grazie mille!

  9. Adriana ha detto:

    I vostri articoli mi arricchiscono sempre di nuove curiosità! Grandi!

  10. maria rocha ha detto:

    davvero interessante. Studiando su internet per l mio esame di psicologia generale, ho trovato il tuo sito. Bello!

  11. stefano ha detto:

    ciao…sempre interessanti le tue schede didattiche, complimenti! 🙂

  12. ornella Nicola ha detto:

    Complimenti per l’articolo, lavoro da anni sullo studio delle percezioni e ho elaborato uno stile gestaltico che vi invito a “vedere” nella sezione pittura gestaltica del mio sito. http://www.ornellanicola.it

  13. filippo ha detto:

    Senza parole. Grazie emanuela. Un saluto alla bella palermo 🙂

  14. Elisa ha detto:

    Come sempre un approfondimento interessante, grazie!
    buon inizio di anno scolastico 😉 Elisa

  15. silvia girolami ha detto:

    Grazie di queste preciose informazioni . Non conoscevo Octavio Ocampo !