Il digitale a scuola per scoprire la complessità

Quando penso al digitale che uso in classe la prima cosa che mi viene in mente non è lo smartphone (che pure utilizziamo frequentemente) né le presentazioni di storia dell’arte.
Penso invece alle incursioni che faccio in rete, con la LIM, per uscire fuori dai confini dell’opera d’arte e usarla per esplorare il mondo e la storia.

complessità con la lim

Penso, ad esempio, a quando allarghiamo i nostri orizzonti su un artista, cercando di avere un quadro molto più ampio e completo del suo percorso: Picasso, tanto per fare un esempio, non è solo Demoiselles e Guernica, anche se queste sono le uniche due opere che analizziamo in modo approfondito. Scoprire il realismo accademico dell’adolescenza, quello rapido della maturità, ma anche l’essenzialità dei disegni e l’originalità delle ceramiche, ci aiuta ad andare oltre le facili etichette che per comodità attribuiamo agli artisti. Oltre le semplificazioni.

Picasso e la complessità

Strappare le etichette o comunque saperle prendere con cautela ci abitua a pensare che non dobbiamo mai fermarci alla prima impressione. Né su un artista né su ciò che ci circonda o sugli eventi storici. Saperne di più, conoscere tutte le sfaccettature della realtà di cui ci stiamo occupando serve ad averne una visione più articolata, meno dogmatica.

A volte non serve neanche sviscerare tutto il percorso artistico di un autore ma imparare ad osservare le sfumature. Quando sosteniamo che il filone sublime del Romanticismo inglese è rappresentato da Turner e quello pittoresco da Constable, stiamo creando dei compartimenti stagni, delle opposizioni che non esistono. Perché i dipinti veneziani di Turner sono delicati come le campagne inglesi di Constable e le nuvole nere di Constable sono più minacciose di un naufragio di Turner.
Insomma ci servono i
confronti.

sfumature complesse

Questo ci insegna che ogni cosa può contenere un po’ del suo opposto. E forse ogni nostro giudizio dovrebbe partire da questa considerazione: tra il bianco e il nero esistono infinite (ben più di cinquanta…) sfumature di grigio.

Navigando in rete scopriamo gli aspetti reali e concreti dell’arte. Perché sui libri ci sono solo le opere ma manca il contesto, manca la vita vera che c’è dietro e attorno. Possiamo vedere, così, un artista al lavoro o la Gioconda e la folla che la circonda, possiamo fare il tour virtuale dentro un monumento, leggere le lettere autografe di van Gogh o seguire un documentario che mostra gli aspetti scientifici della conservazione.

il reale complesso

E non si tratta di espedienti per catturare l’attenzione degli studenti più distratti.
Si tratta, anche in questo caso, di far scoprire la complessità dell’opera d’arte.

Per studiare la storia dell’arte non basta conoscere le spiegazioni dei critici d’arte, ma occorre andare oltre considerando ogni opera come un oggetto vivo, che vive in mezzo a noi. Anche perché l’opera d’arte esiste in quanto esiste una comunità che la considera e un contesto nella quale è collocata. Non è fuori dal tempo e dallo spazio. C’è un qui e ora che bisogna afferrare. Ma tutto questo senza i preziosi documenti reperibili online sarebbe impossibile.

Attraverso la rete possiamo fare connessioni inaspettate e chiarificatrici. Come quella che è nata involontariamente, qualche giorno fa, quando uno studente di quinta, davanti a un quadro di Kandinsky, ha espresso la sua battuta provocatoria: “Ma questo qui poi li vendeva questi quadri?”. Che è un altro modo per dire  “ma questa è arte?” o “potevo farlo pure io!”.
Allora ho lasciato perdere le slide e ho aperto il motore di ricerca per andare oltre Composizione VIII.

connessioni complesse

Ecco, queste cose che sembrano stupide macchie per Kandinsky sono diventate un metodo, tanto da descriverlo in un libro ancora oggi in commercio: Punto, linea, superficie.
L’autore di queste stupide macchie è diventato insegnante di una delle scuole di architettura e arte più famose di tutti i tempi: il Bauhaus. Una scuola all’avanguardia, democratica, creativa.
Un dittatore sanguinario come Hitler, non solo ha chiuso nel 1933 il Bauhaus tagliando tutti i fondi alla scuola ma si è anche preoccupato di sequestrare, tra gli altri, anche i quadri con quelle stupide macchie per farne una mostra a suo modo didattica: L’arte degenerata. Quelle macchie, dunque, sono pericolose, sono espressione di libertà. Ma solo queste connessioni con la storia possono far capire in modo lampante questo aspetto dell’arte astratta.
Non so se il mio alunno abbia cambiato idea ma di sicuro adesso ha qualche tassello in più.

Quello che voglio dire è che il digitale non serve per alleggerire gli zainetti. Serve per imparare a maneggiare la complessità dei fenomeni. Serve per imparare e per imparare a ragionare. Perché in fin dei conti la conoscenza non è una cosa che abbiamo ma una cosa che siamo.

 

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9 risposte

  1. Francesca ha detto:

    Anch’io mi complimento per il suo articolo. Trovo infatti che l’unico modo per comprendere pienamente l’opera d’arte sia scoprire il contesto e non sempre è facile, nonostante il grande aiuto della tecnologia. Spesso il ‘rumore’ o la ‘popolarità’ della rete, rischiano di omologare le ‘scoperte’, soprattutto per quanto riguarda l’arte – da un quadro a un film.
    Ho avuto una breve parentesi di supplenza di Inglese in un liceo linguistico statale e mi sono divertita a chiedere una ricerca in lingua sulla Street Art, in particolare Basquiat. Sono rimasta colpita che i ragazzi ripetevano tutti la stessa descrizione da un enciclopedia digitale molto nota. La maggioranza non aveva neppure mai visto i suoi lavori. Da lì è nato un dibattito su cosa sia arte e cosa vandalismo. Hanno anche scoperto l’importanza di riconquistare le pareti della loro aula, alla mia domanda di cosa significassero le vecchie scritte – alcune offensive, altri solo nomi in un cuore – e se loro ci si rispecchiassero. Alla cogestione, hanno ritinteggiato l’aula con il permesso del preside e si sono incuriositi riguardo ai graffiti che stavano adornando i loro corridoi e quelli storici vicino a uno stadio.
    Ho voluto raccontare la mia marginale esperienza perché penso che sia essenziale il contesto per comprendere le opere e il senso di appartenenza alla propria cultura ed epoca grazie all’arte.
    Concludo come altri commenti, dicendo che avrei tanto voluto avere un’insegnate come lei, armata di LIM! 😀

  2. M.Angela F. ha detto:

    Grande, come sempre, Emanuela…e grande insegnamento per tutti noi docenti! Educare le nuove generazioni al pensiero complesso. E ci hai messo anche un pò del grande Edgar Morin. Grazie

  3. Marino calesini ha detto:

    Grazie .

  4. Claudine Boucq ha detto:

    Quanto sono fortunati i vostri studenti !

  5. antonella ha detto:

    Gentile dottoressa
    la seguo con interesse per la sua capacità di divulgazione dei temi della storia dell’arte (e non solo).
    Sul digitale mi occupo da anni di archivi digitali e comunicazione in rete di beni culturali e sono d’accordo con lei enormi potenzialità della rete come strumenti universale di accesso alla conoscenza. Ma per “imparare a maneggiare la complessità dei fenomeni” non basta ahimè fare una ricerca in rete sic et simpliciter. Il punto è proprio riuscire, da parte di chi si occupa di beni culturali sul web, a dare agli utenti dati e risorse digitali qualificate, con il loro contesto, i metadati necessari(un’attività complessa ed articolata che richiede grandi professionalità); dall’altra …da parte degli utenti, specializzati e non, cercare con spirito critico e con consapevolezza le fonti, conoscerle, saperle distinguere, valorizzare le fonti qualificate. Insomma una grande responsabilità educativa e una bella sfida per voi insegnanti, utenti specializzati protagonisti della formazione scolastica!

    con simpatia buon lavoro e buona ricerca
    Antonella Pagliarulo

    • Salve Antonella, naturalmente quella ricerca è accompagnata dalle riflessioni che facciamo in classe, non stiamo semplicemente a guardare immagini. Il mio scopo d’altra parte è meta-didattico: non potendo affrontare in due ore settimanali la storia dell’arte in modo approfondito, cerco di educarli all’apertura mentale. Se avranno tempo e desiderio potranno fare le loro ricerche in futuro, anche non sui beni culturali, ma su qualsiasi altro argomento, con spirito critico e sguardo curioso.